Siamo nella Repubblica Dominicana, è il 25 novembre 1960 e l’auto su cui viaggiano Minerva, Patria e Maria Teresa Mirabal subisce un’imboscata da parte dei servizi segreti del regime di Rafael Leonidas Trujillo. Le donne, prese con l’inganno di poter rivedere i propri mariti, prigionieri politici, vengono violentate, strangolate e gettate in un fosso, nel tentativo di far sembrare la loro morte un incidente.
Lo scenario
L’inscenamento, troppo grottesco per essere ritenuto attendibile, catalizzerà l’attenzione internazionale e locale contro il sanguinoso regime dittatoriale di Rafael Leonidas Trujillo, già sfidato apertamente, 10 anni prima, da una delle tre sorelle, Minerva, che aveva rifiutato le sue avances durante una festa pubblica, tanto da indurlo ad affermare “Ho solo due problemi, la Chiesa, e le sorelle Mirabal”. A seguito anche dell’ondata di riprovazione sociale seguita all’omicidio delle tre sorelle, il dittatore venne assassinato dai capi militari della Repubblica Dominicana il 30 maggio dell’anno successivo.
Una storia che racconta di libertà
Una storia di lotta politica, una storia di violenza, tanto da indurre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a designare il 25 novembre come data della ricorrenza sulla violenza contro le donne, ma c’è di più, molto di più. Calendarizzare questa storia significa inscatolarla per tirarla fuori ogni anno, alla data prescelta, destrutturandone l’enorme portata valoriale, perché è una storia che racconta di libertà.
La resistenza
Una libertà guadagnata con le unghie e con i denti, che ci parla, di partigiane, della resistenza non violenta delle “Nonne de Plaza de Mayo” contro la dittatura argentina, del TJK-E delle donne curde e dei loro 100 motivi contro Erdogan, di Sviatlana Tsikhanouskaya, esiliata in Polonia per aver sfidato il regime di Lukashenko, in Bielorussia, in solidarietà al marito, prigioniero politico; storie che ci parlano di donne e uomini che, uniti, fianco a fianco, spalla a spalla, hanno dato vita a forme di resistenza civile, combattuto e sovvertito monopoli di pensiero e plutocrazie.
Un monito per l’umanità
È una storia che ci ricorda l’inutilità e la pericolosità della contrapposizione fra generi, che ci isola, ci indebolisce, ci sottrae l’orizzonte comune della condivisione e ci conduce nella selva oscura dell’individualismo arrivistico. Una storia che, semplicemente, andrebbe ricordata l’8 marzo, il 25 novembre, e ogni volta che le code avvelenate dei populismi obnubilano, anche solo per un attimo, le nostre coscienze.