Testa bassa, una serie di scrollate sullo schermo per le ultime notizie, un’occhiata ad un concerto di Geolier, un’altra alle ultime sui Ferragnez e si ripone il cellulare in tasca.
La metro di Milano, per chi la vive tutti i giorni, somiglia ad un contenitore vuoto ma ricco di esistenze.
Una videochiamata in slang sudamericano con i parenti oltreoceano che si alterna con i consigli gastronomici somministrati via filo da una mamma del Sud, un cane che si accoccola sui piedi della padrona nel poco spazio a terra rimasto, mentre le note di un concerto estemporaneo riempiono i vagoni accompagnando una voce stanca e abbastanza improvvisata di un cantante ambulante.
Facce diverse, che finiscono per assomigliarsi nella trepidazione dei turisti di arrivare al Duomo, nella tensione pre-partita dei tifosi alla fermata San Siro ovvero nello sfinimento del rientro a fine giornata in direzione Comasina.
La metro è la gioia di partire graffiata dal peso delle valigie quando si arriva alla fermata di Milano Centrale, è la voglia di vacanze in un pomeriggio di Luglio racchiusa negli occhi di chi osserva un panorama ordinato e asettico attraverso frasi d’amore adolescenziale incise nei vetri opacizzati dallo smog.
La metro è un mondo a sé, dove anche le colorazioni delle linee possono raccontare molto e rappresentare una sorta di stratificazione sociale, se si è attenti alla direzione e nel contempo si da uno sguardo alle lancette.
Vi è la gaudente linea Rossa, che spazia dallo shopping di San Babila ai fasti ancora evidenti di Expo alla fermata Rho, l’avveniristica linea lilla, che a City Life ti conduce con precisione meccanica in quanto alla fermata Tre Torri ci si arriva senza conducente, e la fine linea gialla, che nonostante possa vantare Repubblica, Turati e Montenapoleone resta umile specchiandosi anche nella rinascita di Rogoredo.
Una menzione a parte merita la linea verde, la rassicurante e democratica linea verde, garante di uno Spritz alla fermata Moscova, del diritto ad uno studio non alieno all’occupazione lavorativa (Cattolica) alla fermata S.Ambrogio e della lotta al caro vita in direzione Gessate, periferia resa meno periferia proprio dalla metro, dove è ancora possibile sognare di acquistare una casa senza che il rapporto euro/mq sia equiparabile ad un’agenzia di bookmakers.
Un paradigma di vita, la metro, dove si rincorrono dinamiche di vita quotidiana che ti insegnano a non abbandonarti completamente agli AirPods, restando vigile e controllando spesso le tasche, perché la vita è meravigliosa ma sa essere stronza, ad abituarti accettando placidamente l’ammassamento forzato nelle poche fasce orarie garantite nell’ennesimo giorno di sciopero, a rinunciare volontariamente al posto a sedere per lasciare il posto ad un anziano, dando una carezza alla propria coscienza.
Una scatola vuota e piena di vita, amorevole e odiosa, comoda e stressante, dipende un po’ dalla prospettiva da cui la si guarda, proprio come la vita.