Un motore dello sviluppo economico
Ferrovie e sviluppo economico
In tutta Europa le ferrovie furono il motore dello sviluppo economico.
Da un lato la forte richiesta di materiali per binari, locomotive e carri ferroviari diede un forte impulso all’industria siderurgica e meccanica.
Dall’altro le strade ferrate costituirono una preziosa infrastruttura per il movimento di merci e persone, per l’incremento dei commerci e per l’industrializzazione dei territori.
La costruzione della rete ferroviaria richiedeva però ingenti capitali e tanta tecnologia che in Italia al momento dell’unificazione scarseggiavano.
Fu quindi naturale il ricorso a risorse straniere.
Riassetto della rete fortemente frammentata
Nel 1860 la rete ferroviaria italiana, di circa 2.000 km, era fortemente frammentata: il 25% era gestito dallo Stato e il restante 75% era condotto da ben 22 società private, molte delle quali a capitale straniero, con regimi, regole e concessioni differenti.
Per creare un sistema organico e per collegare tra loro le varie linee, costruite in gran parte con un’ottica locale, nel 1865 venne emanata una legge per favorire lo sviluppo ferroviario e industriale accorpando le piccole società e affidando le linee principali a cinque società concessionarie (quindi private).
Difficoltà delle società concessionarie
Alla fine del 1866 divenne possibile attraversare tutta la penisola da Torino a Lecce e andare da Milano Centrale a Roma via Perugia-Terni.
Nel 1870 erano in funzione 6.000 km di ferrovie e fu realizzato il collegamento con alcune delle reti estere. Le società concessionarie continuarono però ad accumulare forti perdite soprattutto a causa delle linee secondarie, importanti per lo sviluppo dei territori, ma che non avevano traffico sufficiente di viaggiatori e merci.
Nel 1875 ci fu la proposta di affidare la gestione delle ferrovie allo Stato, ma il Parlamento rifiutò.
Nel resto d’Europa invece, si preferì la gestione statale, poiché le società concessionarie, perseguendo fini esclusivamente economici, trascuravano le tratte delle zone depresse.
Nascita delle Ferrovie dello Stato
Nel 1878 lo Stato italiano dovette assumere l’esercizio delle linee gestite dalla “Società dell’Alta Italia” e da quella delle “Strade Ferrate Romane”, in grave deficit pur costituendo la parte più importante dell’intera rete ferroviaria italiana.
Nel 1885 fu introdotto un sistema di convenzioni con le società private che avrebbe dovuto risanarne la situazione economica. Purtroppo il sistema non funzionò e i problemi si aggravarono lasciando allo Stato una pesante eredità.
Nel 1905 lo Stato acquisì la gestione diretta della rete ferroviaria che fu denominata “Ferrovie dello Stato”. La situazione generale degli impianti era piuttosto precaria, poiché le società concessionarie avevano sospeso la manutenzione e tendevano a sfruttare al massimo il materiale esistente e il personale.
L’occasione mancata
Nonostante la rete ferroviaria continuasse a svilupparsi e cominciassero gli esperimenti di elettrificazione, in Italia le ferrovie furono una occasione mancata di sviluppo economico e gravarono lo Stato di forti spese.
La mancanza di materie prime e di capitali penalizzava l’industria siderurgica e metalmeccanica italiana favorendo l’acquisto di materiale all’estero.
Il reddito nazionale troppo basso non permetteva di sfruttare appieno la rete di trasporto riducendone i guadagni.
Con la nascita delle Ferrovie dello Stato si inaugurò lo schema secondo il quale si mettevano in comune le perdite mentre ai privati restavano le attività in utile.