In questi giorni, con l’elezione dei Presidenti di Camera e Senato, si è inaugurata la XIX Legislatura. Il responso delle urne è ormai alle spalle e ora si tratta di designare il Presidente del Consiglio che dovrà guidare la prossima maggioranza di governo. E proprio nella maggioranza di centro-destra che si candida a governare il paese dopo il risultato positivo del 25 settembre si evidenziano le prime crepe. A tenere banco sulle prime pagine dei giornali è lo scontro che si sta consumando fra Berlusconi e Meloni sulla composizione dell’esecutivo. E dietro a questo scontro molti osservatori già intravedono le divisioni e le difficoltà che potrebbero caratterizzare fin dai suoi primi passi il prossimo governo.
Ma al di là delle impressioni del momento, cerchiamo di capire quali saranno i primi passaggi critici che attendono al varco il prossimo Presidente del Consiglio, non tanto rispetto alle tensioni interne alla sua maggioranza, quanto in rapporto alle scadenze e gli impegni che ne caratterizzeranno i primi due mesi di mandato, da oggi alla fine dell’anno.
Ne parliamo con Bruno Tabacci.Lombardo, Classe 1946, uno degli ultimi politici di professione in senso weberiano: oltre ventitré anni di attività parlamentare alle spalle, oggi è alla sua settima legislatura. Nell’ultimo scorcio della precedente, con il governo Draghi, è stato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega alla programmazione economica. Nella prima metà degli anni Ottanta dirige dapprima l’Ufficio studi del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato con Giovanni Marcora e poi la Segreteria tecnica del Ministero del Tesoro con Giovanni Goria. Fra il 1987 e il 1989 è Presidente della Regione Lombardia. La sua prima esperienza parlamentare risale al 1992, quando viene eletto alla Camera dei Deputati nelle liste della Democrazia Cristiana per la circoscrizione Mantova-Cremona. È fra gli uomini più esperti e navigati della vita politica italiana e si è sempre occupato di temi come economia, bilancio, attività produttive che da sempre richiedono impegno e competenza. Cerchiamo di capire con lui quali saranno i primi passi e le prime insidie del prossimo governo.
On. Tabacci, ritiene che quanto è accaduto sull’elezione del Presidente del Senato, che ha reso evidente lo scontro che si sta consumando fra Giorgia Meloni e Forza Italia sulla definizione della compagine ministeriale, avrà delle ripercussioni immediate, cioè già con la formazione del nuovo esecutivo? Alcuni osservatori, come Antonio Polito sul Corriere della sera di sabato, evidenziano come i dissidi di questi giorni fra i partiti della futura maggioranza segnalino l’inizio di una nuova legislatura piena di tensioni. E come il centro-destra, che finora non aveva mai sperimentato una leadership diversa da Berlusconi, rappresenti sotto questo profilo un’incognita. Quanto la novità della leadership potrebbe generare problemi di adattamento all’interno del nuovo centrodestra? E con quali potenziali conseguenze sulla guida del paese?
Il risultato elettorale a favore di Fratelli d’Italia ha pesantemente rovesciato l’equilibrio della coalizione di centro-destra che ora è diventata di destra-centro. Meloni ha vinto le elezioni e Berlusconi e Salvini le hanno perse. Non credo che il nuovo equilibrio sia stato pienamente metabolizzato e gli effetti si sono visti in occasione dell’elezione del Presidente del Senato. L’on. Meloni ha dimostrato una buona saldezza di nervi, ma la complessità dei problemi da affrontare richiede che il programma – ovvero le intenzioni elettorali – siano profondamente aggiornati sia nei rapporti con l’Europa, che nelle politiche fiscali. Si sono create troppe aspettative e queste non potranno essere mantenute. Comunque mi auguro che il governo Meloni sappia efficacemente realizzare la politica che serve. Ovviamente sarà necessaria una solida opposizione parlamentare, alla quale spero di poter portare il mio contributo.
L’insediamento del nuovo governo sarà fin da subito accompagnato dalla pressione di alcune scadenze istituzionali europee, a cominciare da quella relativa alla presentazione della Legge di Bilancio (posticipata giusto di qualche settimana per permettere al nuovo governo di sediari) per venire agli adempimenti da assolvere entro la fine dell’anno per avere diritto alla terza tranche del PNRR. Tale pressione che effetti potrebbe avere su una maggioranza ancora in fase di rodaggio? Vi è la possibilità che anche per queste ragioni il nuovo governo decida di non discostarsi molto dalla linea seguita da quello che lo ha preceduto, rinviando un confronto più serrato alla prossima Legge di Bilancio?
Penso che le scelte di bilancio conseguenti non potranno discostarsi molto da quelle espresse dal governo Draghi. Parlare di scostamenti di bilancio senza coordinarli in sede europea potrebbe avere effetti molto negativi e incoraggiare la speculazione ai danni del nostro Paese. Anche l’esperienza della neo-premier inglese che pensava a una riforma fiscale a debito dovrebbe insegnare qualcosa. E il debito italiano è più alto di quello inglese. Quindi l’equilibrio di finanza pubblica sarà necessario se si vuole evitare di ricadere nella brutta esperienza del 2011 quando il nostro Paese fu oggetto di un attacco speculativo di vasta portata che portò lo spread a 575. Mi auguro che la linea e l’esperienza di Draghi siano considerate la bussola su cui orientarsi anche dal governo Meloni.
Da più parti si parla di un rischio di scivolamento verso una “situazione polacca”, alludendo ad alcune similarità fra l’indirizzo politico del governo di quel paese (atlantismo più euroscetticismo) e quello che potrebbe contraddistinguere un esecutivo a guida Meloni? Secondo lei, si tratta di una previsione fondata? Oppure non avrà la meglio, magari anche soltanto in questa prima fase, la ricerca di un accreditamento presso gli interlocutori internazionali, Unione Europea in primis, che potrebbe indurre la Meloni a edulcorare la sua linea politica per evitare eccessive resistenze?
Non credo che l’on. Meloni seguirà l’euroscetticismo dei paesi di Visegrad e in particolare leader come l’ungherese Orban. L’Atlantismo non può essere connesso all’Euroscetticismo. Si determina un corto circuito. Tra l’altro per quanto riguarda i polacchi è bastata l’invasione russa in Ucraina per richiamarli alla essenzialità dell’Europa. Putin puntava a spaccare l’Europa. La risposta europea sulla vicenda ucraina è stata concreta e netta. Meloni fin dall’inizio ha sostenuto la linea del governo Draghi sulla intera questione. Non credo possa cambiarla.