Sharm el Sheik, 7 novembre 2022, ore 20:56, nella grande sala plenaria di COP27 prende la parola il Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni per presentare la dichiarazione d’intenti del nostro Paese all’aprirsi delle due settimane di negoziati sul clima. Sono oltre 100 i leader mondiali che si susseguiranno tra il 7 e l’8 novembre nella sala plenaria, ma in patria gli occhi sono puntati sulla premier al suo esordio internazionale sui temi dell’ambiente; un argomento sul quale il neo-nato esecutivo, ancora mancava di esprimersi con nitidezza e chiamato ora a presentare la propria visione in materia di politiche climatiche. Meloni parla per meno di 10 minuti e sceglie di farlo in lingua inglese. In quel breve lasso di tempo si racchiude un intervento molto istituzionale e di forte, quasi sorprendente, continuità con il precedente esecutivo. Una linearità che in parte si giustifica nella sostanziale immutata squadra tecnica di negoziatori del nostro Paese. I negoziati sono infatti gestiti ormai da anni da uno zoccolo duro di tecnici, che garantisce omogeneità nell’azione italiana. In questa edizione, per la prima volta nel ruolo di capo della delegazione, si trovava Alessandro Modiano, presente sia nei due governi Conte che nel Governo Draghi.
Scendiamo però nel dettaglio di quanto presentato da Giorgia Meloni durante il suo discorso. Innanzitutto il Presidente del Consiglio ribadisce l’impegno dell’Italia nella lotta globale alla crisi climatica, in quest’ottica presenta il Fondo italiano per il clima. Si tratta di una misura finanziaria quinquennale da oltre 800 milioni sviluppato con Cassa depositi e prestiti (Cdp) sotto il Governo Draghi, ora ereditato dal nuovo esecutivo. Un altro pezzo di eredità arriva nella conferma dell’iniziativa Youth4Climate, un meccanismo di coinvolgimento ed empowerment giovanile fortemente voluto da Draghi e Cingolani, che Meloni promuove e rivendica. Il punto più critico del discorso è invece rappresentato dal tema della sicurezza energetica, vera priorità del nuovo Ministero, che infatti la inserisce nella sua nuova denominazione, cambiando il nome da Ministero della Transizione Ecologica a Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Di transizione infatti non c’è traccia né nelle parole di Giorgia Meloni, né in quelle del Ministro Pichetto Fratin, anche lui presente a Sharm El Sheik. Il timore è quello di un passo indietro dell’Italia su questo fronte, a favore di nuovi investimenti nel gas. Meloni ha inoltre l’occasione di incontrare Al-Sisi, Presidente egiziano, ma evita di affrontare le due questioni aperte tra i nostri due Paesi, ossia le vicende di Zaki e Regeni. Durante l’intervento il Presidente del Consiglio non manca di far notare, giustamente, le assenze pesanti a COP27 (ndr Russia, prevedibile, ma anche India e Cina), sottolineando che “la lotta al cambiamento climatico è uno sforzo comune, che richiede il pieno coinvolgimento di tutti i Paesi e una cooperazione pragmatica tra tutti i principali attori globali, ma purtroppo dobbiamo ammettere che questo non sta accadendo”.
In conclusione il discorso di Giorgia Meloni è un intervento molto istituzionale, che ha l’obiettivo di rassicurare e costruire continuità e dialogo. È un intervento ben lontano dai toni a cui siamo abituati in Italia e che conferma l’allineamento con la strada tracciata dal governo Draghi. Viene da chiedersi se questa linea sia seguita per effettiva comunanza di visione in materia di politiche climatiche o per una più preoccupante mancanza di strategia d’azione sulla roadmap climatica italiana del nuovo governo. Dopotutto si tratta di un esecutivo con limitata esperienza nel campo della diplomazia climatica a livello internazionale, che ha trovato in COP27 il suo primo banco di prova. Se a questo si aggiungono le considerazioni che possiamo trarre dall’esito dei negoziati, abbiamo il ritratto di un’Italia che in campo climatico deve ancora delineare la propria strategia, e se da un lato si mostra in sintonia con l’Unione Europea e le linee del precedente governo, dall’altro ora deve impegnarsi in azioni concrete, come dimostra il fatto che ancora il nostro Paese non abbia approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), fermo ormai dal 2017, nonostante l’urgenza ormai impellente di una sua attuazione. “Italy will do its fair share” (ndr “l’Italia farà la sua parte”), così conclude il suo intervento Giorgia Meloni, forse, un buon modo per farlo può essere iniziando con la presentazione di una strategia concreta, misurabile e credibile di azione climatica per l’Italia, che non ribadisca il nostro impegno solo a parole, ma anche e soprattutto nei fatti.