Siamo a Bologna, all’interno di una prestigiosa università. Probabilmente una delle più famose al mondo, certamente la più antica università al mondo ancora funzionante. L’Università di Bologna, Alma Mater Studiorum, risale infatti all’anno 1088.
Sono qui all’Università con il professor Andrea Forlivesi, docente nel corso di Scienze criminologiche per l’investigazione e la sicurezza. Un criminologo, questa è la definizione. Il professore si è reso disponibile ad accompagnarci in questo mondo, particolare ma ormai “sdoganato” ai più da una serie di trasmissioni televisive che quotidianamente invitano criminologi (o supposti tali) ad analizzare gli eventi criminosi che, forse per la loro efferatezza, hanno riscosso l’interesse dei telespettatori.
Mi viene subito una domanda da rivolgere al docente. Professore Forlivesi chi è un criminologo, cosa fa di preciso?
Forlivesi mi guarda e sorride con la tipica bonomia di un romagnolo verace. Poi inizia…Se ci fermiamo un attimo a riflettere sulla parola, il significato è chiaro: la criminologia è lo studio del crimine.
Perciò, il criminologo è quella persona che, in virtù di un percorso di studio intrapreso e compiuto, studia i fenomeni criminosi così come si manifestano nella vita quotidiana. Tuttavia, il crimine può essere analizzato da svariate prospettive, a seconda delle sue origini e di come si manifesta, per cui possiamo avere un approccio psicologico, sociologico, psicopatologico o culturale. Il criminologo, quindi, può analizzare il crimine da molteplici prospettive, sulla base del suo bagaglio culturale e conoscitivo.
Professore mi perdonerà! In un attimo mi sono venute in mente le diverse serie televisive americane con i loro Profiler che conoscono già il criminale prima che compia il crimine; i Coroner che guardano la pupilla del cadavere e già hanno capito tutto e così via. Ma questo è molto lontano dalla realtà vero professore? Ma in concreto, come si analizza un crimine?
Ride, ma poi si fa subito serio e mi spiega. Bisogna partire dal presupposto che studiare un crimine non significa limitarsi all’atto in sé, ma occorre ampliare l’orizzonte e focalizzare l’attenzione sull’intero processo che ha portato alla realizzazione del crimine, oltre che sulle sue conseguenze. Mi spiego meglio: è necessario partire dalle origini, ossia perché è accaduto, quali sono stati i presupposti, per poi passare all’analisi delle modalità, all’interazione tra il criminale e la sua vittima, focalizzando infine l’attenzione sulle conseguenze del crimine su quest’ultima, non dimenticando che non esistono soltanto le vittime dirette, ossia coloro che subiscono il reato in prima persona, ma anche quelle indirette: noi stessi, ad esempio, possiamo essere vittime indirette della criminalità, nel momento in cui modifichiamo le nostre abitudini di vita per paura che ci possa accadere qualcosa.
Una domanda la cui risposta sembra scontata ma non è così vedrete. Cosa spinge un individuo a compiere un crimine?
È difficile dare una risposta a questa domanda senza il rischio di cadere nel generico o nel banale. Ogni caso deve essere analizzato nella sua specificità. Mi sento però di dire che, nella maggior parte dei casi, ciò che spinge a delinquere è un interesse, soprattutto economico.
Il genere umano di sua natura è mosso, nel comportamento, da interessi individuali o collettivi, e il comportamento criminale non si esime da questa costante.
Diffido molto, ad esempio, da coloro che parlano di terrorismo di stampo religioso, poiché la religione, le divergenze politiche o le barriere etniche o culturali sono spesso un mero pretesto dietro a quale si nascondono interessi economici.
Quindi professore la famosa domanda “cui prodest”, che si dice sia sempre da farsi per arrivare ai veri mandanti di un delitto, è sempre valida o esistono dunque delitti senza un vero interesse che li motivi? Mi vengono in mente i serial killer e i terroristi individuali, non appartenenti a organizzazioni. In questi casi come si può spiegare il comportamento criminale?
Certi soggetti commettono delitti, spesso efferati, mossi da motivazioni che in realtà nascondono disturbi psichici, condizionamenti sociali o traumi irrisolti.
È il caso, ad esempio, di Theodore Kaczynski, meglio conosciuto come Unabomber, che tra il 1978 e il 1995 inviò numerosi pacchi postali esplosivi, provocando la morte di tre persone e il ferimento di altre ventitré. Kaczynski era un individuo con una spiccata intelligenza ma con un grosso deficit dal punto di vista relazionale, in quanto non era in grado di allacciare e portare avanti relazioni stabili, tanto che, dopo l’inizio di una brillante carriera universitaria, andò a vivere da solo in un posto isolato, a conferma delle sue difficoltà relazionali.
Kaczynski sviluppò un’avversione verso il progresso scientifico e tecnologico, colpevole, secondo lui, di limitare gradualmente le libertà individuali, e per queste sue posizioni è stato addirittura preso come punto di riferimento da alcune associazioni ambientaliste.
In realtà, Kaczynski non è diventato un terrorista per le proprie idee o ideologie, ma semplicemente perché era affetto da una schizofrenia paranoide che gli procurava una percezione distorta della realtà, ossia una visione del mondo e delle cose non corrispondente al reale, ma frutto di allucinazioni. In questo caso, l’appartenenza ideologica non era lo scopo, ma semplicemente uno strumento illusorio nella testa di questo terrorista.
Professor Forlivesi il mondo cambia rapidamente. La criminalità come è cambiata nel tempo?
Per rispondere a questa domanda è bene fare due considerazioni. Innanzitutto, un comportamento criminoso è tale perché viene definito e condannato dalla legge. In sostanza, è la legge che definisce cosa è giusto e cosa è sbagliato, e ciò sulla base di princìpi sociali e culturali propri di un determinato periodo storico.
Ad esempio, fino a qualche decennio fa non esistevano i reati ambientali, per cui ognuno poteva riversare tutto ciò che voleva nei fiumi o in mare.
Oppure si pensi che, nel civilissimo Stato di San Marino, l’omosessualità è stata un reato fino al 2004. Perciò, iniziamo con l’affermare che la criminalità può cambiare nel tempo, oppure può essere diversa se ci spostiamo da uno Stato ad un altro, in base a come viene definita dalla legge, per cui uno specifico comportamento può essere criminale oppure “normale” a seconda di dove ci si trova.
Tuttavia, è indubbio che la criminalità sia cambiata nel tempo, mutando i propri connotati e adeguandosi ai cambiamenti sociali ed economici.
Al giorno d’oggi, ad esempio, siamo tutti più vulnerabili, poiché è aumentata in modo esponenziale la nostra dipendenza dai sistemi tecnologici ed informatici, e per questo motivo i moderni criminali hanno trovato pane per i loro denti attaccando i sistemi informatici delle aziende, o entrando nei nostri conti correnti, oppure ancora specializzandosi nelle truffe online. È sorprendente come queste organizzazioni riescano a cambiare le proprie modalità criminose adattandosi molto in fretta ai mutamenti sociali, addirittura sfruttando tali cambiamenti.
Ad esempio, durante la recente pandemia causata dal Covid, sono drasticamente calati i crimini cosiddetti tradizionali, come i furti o le rapine, ma al contempo sono aumentati i reati informatici e le truffe online: si sono certamente moltiplicate le occasioni criminose poiché tutti noi utilizzavamo di più il computer per effettuare riunioni o per acquistare prodotti, ma è indubbio che le organizzazioni criminali siano state veloci ed efficaci nello sfruttare questa situazione.
Professore mi spaventa! Mi sta forse dicendo che i criminali informatici sono più vicini a noi di quanto si possa credere?
Assolutamente sì. Il criminale opera dove trova un guadagno, ma anche dove c’è terreno fertile a causa della scarsa sicurezza, per cui qualsiasi normale cittadino, ma anche le aziende di medie o piccole dimensioni, sono vulnerabili a questo tipo di crimine, in quanto spesso non hanno le difese adeguate o mancano delle necessarie attenzioni. Il truffatore è spesso una persona che riesce ad utilizzare al meglio le armi della persuasione e dell’inganno, sfruttando il senso di fiducia nel prossimo o la buona fede, caratteristiche queste ultime che sovente si ritrovano nelle categorie più fragili, come ad esempio gli anziani.
Professor Forlivesi immagino che la criminalità organizzata non stia a guardare. Ha mezzi economici pressoché illimitati e quindi può acquistare i servigi di menti iper specializzate e disposte a tutto per denaro. Quali sono le linee di cambiamento che persegue la criminalità organizzata?
Certamente. Il crimine organizzato opera nei contesti in cui è più facile arricchirsi, e anche correndo meno rischi di essere scoperti.
Il fatto che sugli organi di stampa non leggiamo più di morti ammazzati o guerre tra clan non significa che la mafia non esista più. Semplicemente, opera sotto traccia, in contesti all’apparenza legali e affidandosi a personaggi al di sopra di ogni sospetto.
Accanto alle tradizionali attività legate, ad esempio, al traffico di sostanze stupefacenti, troviamo il commercio illecito di armi, lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, i crimini informatici o il traffico illecito di opere d’arte e di reperti archeologici.
Riguardo a quest’ultima fattispecie, è sorprendente come l’opera d’arte, dopo essere stata rubata, venga trasferita in un’altra nazione e, dopo essere stata “ripulita” attraverso apposite certificazioni, venga immessa nel mercato lecito come opera lecitamente acquistata e non rubata.
Professore ha solleticato il nostro interesse e la nostra curiosità. Ora però ci spieghi, il criminologo come può essere utile in questo scenario?
Rovescio il punto di vista: il criminologo non è utile se diventa autoreferenziale, ripiegandosi su se stesso e pavoneggiandosi nei talk show, magari rischiando di diventare un tuttologo.
La criminologia, invece, deve essere funzionale ad attività di tipo più pragmatico ed operativo, come l’investigazione e la sicurezza, offrendo i necessari supporti scientifici e conoscitivi.
Lo studio del soggetto criminale e l’analisi delle modalità delittuose e dell’impatto del crimine sulla vittima devono essere funzionali per coloro che si occupano di programmare e realizzare le politiche, i piani e le procedure di prevenzione e di difesa, senza dimenticare che, come abbiamo detto in precedenza, il crimine muta nel tempo, e quindi il manager della sicurezza ha necessità di ricevere informazioni aggiornate in merito all’evoluzione delle condotte e delle modalità criminose.