Sempre più spesso si rileva negli studenti un’ansia più o meno evidente tra le mura scolastiche che poi viene portata a casa tra le mura domestiche. Tutto questo crea un’aria pesante dove spesso i genitori dipendono dall’umore e dallo stato d’animo dei figli, una gabbia asfittica nella quale non si riesce ad uscire e ci si sente paralizzati.
Molti possono essere i motivi di questo problema generale, si può provare ad elencarne alcuni. Il bullismo tra i pari, un rapporto disfunzionale con gli insegnanti, un disinteresse generale per ciò che si studia legato alla mancanza di proiezione sul futuro degli studenti, un’incapacità a trovare il senso delle possibili frustrazioni per insuccessi scolastici, il tutto condito con una notevole fragilità emotiva. Il risultato è che tutti stanno male: studenti, insegnanti e genitori per questa cappa di ansia da cui non ci si riesce a liberare.
La prima cosa da fare è stabilire una connessione di fiducia con gli studenti, in particolare tra genitori e figli. Ci si deve parlare liberamente di tutto ciò che affligge, preoccupa, senza vergogna o paura del giudizio. Mettersi in ascolto, favorire momenti e luoghi sereni dove questo è possibile, in particolare dove c’è tutto il tempo che si desidera per poter esprimere il disagio è il primo mattone da mettere per venire a patti con l’ansia. E’ un sentimento che tutti possono provare nella vita, ciò che va suggerito è trovare tutte le strategie possibili affinchè questa emozione non paralizzi lo studente ma lo faccia anzi crescere. L’ansia contiene anche molta frustrazione e i genitori di oggi sono pronti con ogni mezzo a spazzare via ogni possibilità di insuccesso per evitare che i figli soffrano o abbiano delle sconfitte. Invece è proprio dalle sconfitte che il nostro cervello attiva meglio strategie di sopravvivenza, potenziando molte abilità cognitive che nella vita da adulto saranno utilissime. Il pensiero ipotetico ad esempio è una funzione cognitiva che può svilupparsi bene proprio nelle situazioni di bisogno. Il problem solving altresì è una funzione cognitiva che favorisce l’immaginazione di scenari molto diversi tra i quali scegliere come affrontare una complessità. Porgere al proprio figlio subito la soluzione al problema già trovata dal genitore non aiuta a diventare uomini e donne con le spalle forti, capaci di sopravvivere ad ogni tempesta della vita.
Una buona alleanza scuola-famiglia è utile per lavorare insieme sugli studenti come educatori credibili. Un voto negativo non è la fine del mondo; un percorso difficile per apprendere i concetti di una materia può e deve essere un’occasione per misurarsi con le proprie abilità. Fondamentale è capire dove dobbiamo maggiormente investire per apprendere meglio, anche nella fatica che edifica e che insegna a porsi degli obiettivi personali ben precisi per raggiungere una meta prefissata.
Imparare poi a farsi rispettare dai compagni, a non soccombere alle ingiustizie tra pari (mi riferisco al bullismo) deve passare dall’insegnamento dell’assertività dalla più tenera età. E’ questa che allontana chi cerca la debolezza altrui per approfittarsene.
Il rispetto dell’insegnante è sempre determinante. I genitori stessi devono insegnarlo, anche quando non condividono le scelte della scuola. Tutti ci troviamo ad avere problemi di relazione nella vita e con questi problemi (in famiglia, sul lavoro, a scuola, nelle attività sportive, ecc…) dobbiamo imparare a rispettare innanzi tutto noi stessi e gli altri. Di nuovo l’assertività ci viene in aiuto anche nel rispetto degli insegnanti: si può dire ciò che si pensa, ciò che si vive, nella ricerca costruttiva di un confronto con il punto di vista dell’altro sul quale dobbiamo fare tutta la fatica necessaria per trovare elementi in comune.
L’ansia scompare nel momento in cui si curano ogni giorno tutti gli elementi che la fanno emergere, dando loro un nome e da lì partire alla ricerca di una soluzione. Non è l’ansia che deve togliere il fiato ma siamo noi che dobbiamo imparare a soffocarla per vivere meglio, usando tutta l’intelligenza che possediamo per non farla avanzare.
Dott.sa Lastella Nicoletta