I “food truck” (letteralmente “camioncini del cibo”) sono delle forme di piccola ristorazione nate nel sud degli Stati Uniti che, dagli anni ’80 in poi, hanno conosciuto una sempre maggiore espansione, fino a sbarcare anche in Europa e in tutto il resto del mondo. Girando un angolo a Milano, Parigi, Lisbona e in tutte le principali capitali turistiche mondiali è, infatti, ad oggi concretamente possibile imbattersi in uno di questi automezzi appositamente attrezzati. Ma questo, com’è stato possibile?
Ad oggi, i “food truck”, camioncini attrezzati con delle cucine che vendono cibo d’asporto, sono diventati sempre più popolari, fino a essere quasi una sorta di moda del momento su entrambe le sponde dell’Atlantico.
Un tempo riservati principalmente ai substrati rionali della società, persone che, cioè, svolgevano lavori prettamente manuali poco qualificati, questa loro clientela specifica ne ha, col tempo, delineato le principali caratteristiche. Essi sono, in primis, forme di ristorazione veloci (i lavori manuali sono forme di occupazione caratterizzati, tendenzialmente, da orari ben definiti e pause standardizzate e non troppo lunghe).
Secondariamente, si sta parlando di tipologie di attività, rivolte a persone con disponibilità economica relativamente limitata, che si sforzano di mantenere i prezzi il più basso possibile di modo da risultare competitivi sul mercato.
Vi è, come terza e ultima caratteristica, quella di essere “locali” (se così si possono definire) in cui dovrebbe essere fornito un pasto in grado di sostentare persone che svolgono, spesso e volentieri, lavori molto faticosi, ragion per cui le porzioni cercano di essere il più abbondanti e nutrienti possibile. Veloci, economici e abbondanti, questi camioncini nati negli Stati Uniti hanno, sull’onda della crescita dei consumi e del turismo, cambiato gradualmente la loro funzione.
Trovandosi, soprattutto dagli anni ’90 in poi, in un’epoca di espansione della globalizzazione e di nascita di un ancora più forte “turismo di massa” è diventato maggiore l’afflusso della clientela. Agli operai delle industrie automobilistiche o siderurgiche, si sono aggiunti un numero sempre maggiore di turisti “low-budget” con un conseguente surplus dell’afflusso economico che ha resto questi veicoli, col tempo, delle vere e proprie attrazioni. Nati dalla California, sono così sbarcati dapprima in tutto il resto degli Stati Uniti, dove diversi imprenditori hanno utilizzato il modello per la vendita di piatti locali, e poi si sono spinti più in la in tutto il nord America, alla conquista del Canada.
La chiave di volta, ossia l’esplosione turistica di massa, si fondeva alla perfezione con la necessità di consumare un pasto caldo ed economico, magari senza “perdere tempo” chiusi in un ristorante invece che passeggiare per le vie della città che si visitava. Questi sono i presupposti per cui, usando come “testa di ponte” il mondo anglosassone, queste nuove forme di ristorazione hanno iniziato a fare timidamente capolino sulla scena culinaria del Vecchio Continente. Dapprima, anche qui, presenti come attività di nicchia (erano più in voga le cosiddette “tavole calde”) hanno conosciuto, per i presupposti che sappiamo, una rapida fase di espansione culminata nel 2014 quando, a Milano, si è tenuto il primo festival interamente dedicato.