È abbastanza normale che non piaccia andare a scuola, ma quando questa mancanza di voglia diventa cronica e genera malesseri, è giunto il momento di analizzarne precisamente i motivi.
Molti studenti manifestano sintomi fisici relativamente al loro malessere scolastico: mal di testa, vomito, mal di pancia, inerzia nell’alzarsi al mattino per andare a scuola.
Molti di questi sintomi si associano ad ansia, sensazione di inadeguatezza per la scuola, angoscia, stress, frustrazione, difficoltà di apprendimento, mancanza di interesse per gli argomenti che si devono studiare, mancanza di metodo di studio, bullismo tra pari.
A tutto questo seguono poi dei comportamenti e delle conseguenze facilmente individuabili: rabbia, difficoltà di concentrazione, difficoltà di relazioni sociali con conseguente isolamento e perdita di amicizie, voti bassi a scuola, difficoltà di rapporti con gli insegnanti.
Si crea così un circolo vizioso dal quale è difficile uscire: il malessere generale si esprime in determinati comportamenti che vanno a rafforzare il malessere stesso.
A volte anche un contesto famigliare difficile, poco sereno, conflittuale, aumenta il malessere dello studente il quale non riesce a trovare l’appoggio giusto tra le persone a cui vuole più bene per superare le sue fatiche.
Contesti famigliari anche in cui il dialogo è poco presente, dove i pensieri degli altri si devono intuire piuttosto che esprimerli chiaramente, dove non si trova mai il tempo per parlare delle cose importanti, dove i problemi scolastici dei figli non vengono presi in giusta considerazione o vengono svalutati, sono contesti tossici per figli che non hanno voglia di andare a scuola.
Quando l’evitamento della scuola diventa un vero problema costante, la prima cosa da fare è capire se ci sono le abilità cognitive funzionanti che possano permettere di apprendere facilmente e senza intoppi.
Una valutazione immediata delle funzioni cognitive può dare il quadro dello stato di salute cognitivo dello studente e indicare il percorso di rafforzamento delle aree cerebrali più deboli.
Indagare prima di agire sulle situazioni causa-effetto è fondamentale per partire con il piede giusto mettendosi a fianco del proprio figlio per avviare un vero processo di risanamento della situazione.
Una volta che si è fatta luce sullo stato di salute delle abilità cognitive, si può partire con un intervento di sostegno quotidiano che vada oltre le classiche ripetizioni scolastiche o interventi di sostegno psicologico o psicoterapeutico che, seppure utilissimi, devono seguire un pronto intervento sulla rimessa in moto dell’equilibrio cognitivo.
Senza la padronanza delle proprie risorse cognitive non si possono avere gli strumenti giusti per fare i compiti e per studiare le lezioni e nemmeno si possono avere le conoscenze di base delle proprie abilità psico-sociali per guardare dentro se stessi e sapersi relazionare con il contesto scolastico.
Subire la continua lotta quotidiana con la scuola può essere molto deprimente per una famiglia perché poi il cattivo rapporto con questo ambiente intacca altre aree della vita del figlio: la socializzazione, la performance sportiva, interessi culturali giovanili che si raffreddano generando chiusure e avvitamenti su se stessi.
I genitori di fronte a queste “bandiere rosse” che i figli sventolano devono agire senza indugio, prendendo in mano la situazione senza farla degenerare, affiancando la sofferenza del figlio con determinazione e decisione.
Non è lasciando passare del tempo che i problemi si risolvono, e nemmeno difendendo il proprio figlio di fronte agli insegnanti.
Questi sono tutti palliativi che hanno il solo scopo di non affrontare il problema.
Entrambi i genitori devono sentire la responsabilità di un intervento efficace, veloce e risolutivo per il bene del proprio figlio.