Nell’epoca contemporanea, l’evoluzione tecnologica ha trasformato la comunicazione, rendendola rapida, globale e spesso sfuggente al controllo. Qualcuno sostiene che l’utilizzo del web abbia reso la comunicazione più democratica, aprendola a tutti. Altri affermano invece che il web abbia dato la parola anche a idioti, frustrati e turbati che altrimenti non avrebbero palco per il loro farneticare. Certo è che la cattiveria umana, in una situazione di presunta impunità, dilaga.
Quale delle tesi si voglia sposare – magari nessuna delle due – rimane il fatto che blog, siti web, e soprattutto i social network offrono ora a chiunque un palcoscenico per esprimersi senza limiti; con questa grande opportunità arriva anche la possibilità di ledere la reputazione altrui spesso in modo potenzialmente devastante e irrimediabile.
Offese, insulti o commenti denigratori che un tempo si limitavano a contesti ristretti, possono oggi raggiungere milioni di persone con un solo insignificante clic, determinando danni che deturpano la reputazione delle vittime. Ma dove finisce il diritto di espressione, di opinione e inizia la diffamazione? Ci sono, e quali sono, le tutele legali per chi patisce un danno alla propria immagine, alla propria reputazione mediante internet?
Per approfondire questo tema, abbiamo nuovamente intervistato l’avvocato Francesco Bruni, esperto in diritto penale, che ci guiderà nel complesso mondo delle offese alla reputazione online, spiegando i rischi, le tutele legali e i passi da compiere per difendersi in caso di attacco.
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Avvocato Francesco Bruni, eccola nuovamente con noi. Oggi vorrei discutere con lei di un tema di grande interesse per i nostri lettori, quello delle offese alla reputazione subite online e degli strumenti attraverso i quali risulta possibile difendersi.
Ben ritrovato dottor Santini. Comprendo che quello delle offese subite online è un argomento che possa interessare molto i suoi lettori, considerato che l’ampia diffusione di blog, siti internet e social network rende oggi possibile, per una notizia, raggiungere facilmente una moltitudine di destinatari e quindi veicolare un eventuale contenuto offensivo presso un numero imprecisato di persone. Prima di concentrarci sul tema delle offese online, però, mi sembra opportuno illustrare che cosa comporti offendere la reputazione di un individuo comunicando con più persone e quindi spiegare in che cosa consista il reato di diffamazione.
Giusta considerazione avvocato. Ci spieghi, quindi, qualcosa di più sul reato di diffamazione.
Il reato di diffamazione è disciplinato dall’articolo 595 del codice penale. La norma punisce con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 Euro “chiunque […] comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione”.
Il reato si perfeziona, quindi, in presenza di tre requisiti:
- il primo è quello dell’offesa all’altrui reputazione, da intendere come una lesione delle qualità morali, sociali, personali, lavorative di un determinato individuo che si concretizza in una compromissione del suo onore, del suo decoro o della sua immagine. Per comprendere se la comunicazione risulti effettivamente lesiva dell’altrui reputazione bisogna badare non tanto al significato in senso letterale delle parole comunicate, ma alla loro concreta portata offensiva, anche alla luce del contesto in cui vengono veicolate;
- il secondo è quello della comunicazione con più persone, che può avvenire sia oralmente sia per iscritto ed anche non contemporaneamente (ad esempio, i giudici hanno ritenuto che la comunicazione a soggetti diversi dal primo destinatario può avvenire anche da parte di quest’ultimo, su richiesta del soggetto autore della comunicazione offensiva);
- il terzo è quello dell’assenza della persona offesa. Tale requisito vale a distinguere il reato di diffamazione dal reato di ingiuria, che si determina quando una persona rivolge un’offesa ad un’altra contestualmente presente e che, però, dal 2016 è stato depenalizzato e può dunque trovare oggi tutela soltanto in sede civile.
Quanto alla persona offesa, non è necessario che la stessa sia necessariamente individuata per nome e/o per cognome, ma è sufficiente che essa risulti comunque determinata o comunque chiaramente individuabile, in via oggettiva, sulla base dell’offesa formulata, delle circostanze narrate o dei riferimenti personali e temporali contenuti nei fatti riferiti, di modo che vi sia piena e immediata consapevolezza circa l’identità del destinatario della diffamazione.
Avvocato Bruni, vi sono delle circostanze che rendono più grave il reato di diffamazione?
Si, il reato di diffamazione prevede delle pene più severe nei casi in cui, tra le altre cose, l’offesa consista nell’attribuzione di fatti determinati (perché, in tal caso, l’offesa risulta maggiormente credibile e quindi ha una portata lesiva maggiore); nel caso in cui l’offesa abbia come finalità quella di discriminare o di veicolare odio etnico, razziale o religioso; o, ancora, nel caso in cui l’offesa sia veicolata mediante pubblicità, atto pubblico o il mezzo della stampa.
Avvocato, ora mi preoccupa e non poco! Ma allora ogni volta che esprimiamo un’opinione negativa su qualcuno compiamo una diffamazione? Se le cose stanno così, come facciamo noi giornalisti a svolgere serenamente il nostro mestiere?
In realtà non è così. L’ordinamento giuridico prevede delle cause di esclusione del reato di diffamazione (c.d. esimenti) per contemperare l’esigenza di tutela della reputazione con altre prerogative aventi rilievo costituzionale, quali ad esempio la libertà di manifestazione del pensiero: sono così previsti il diritto di cronaca giudiziaria ed il diritto di critica.
Anche tali diritti, operano però in presenza di determinati requisiti:
- la verità dei fatti narrati: nel caso del diritto di cronaca, vi deve essere la verità oggettiva, o quantomeno la verità putativa, della notizia pubblicata, mentre nel caso del diritto di critica è sufficiente che vi sia la ragionevole e giustificabile convinzione della veridicità dei fatti narrati, sulla base delle fonti da cui proviene o di altre circostanze oggettive;
- l’interesse pubblico alla conoscenza del fatto, che assume una graduazione più marcata nel caso del diritto di cronaca e più sfumato – nel senso di limitato ad una determinata categoria di soggetti – nel caso del diritto di critica;
- la continenza espressiva e cioè la necessità che siano utilizzate modalità espressive proporzionate e funzionali alla comunicazione dell’informazione, senza trasmodare in un’aggressione verbale e in offese gratuite nei confronti del soggetto criticato.
Quindi, ad esempio, la pubblicazione online di una recensione di un ristorante, anche qualora fosse offensiva nei confronti del gestore, se effettuata con la necessaria continenza espressiva, non renderà punibile il suo autore per il reato di diffamazione.
Vi è poi un’ulteriore causa di esclusione del reato che è rappresentata dalla provocazione subita dal diffamatore, che – ai sensi dell’art. 599 c.p. – non sarà punibile se “ha commesso alcuno dei fatti preveduti dall’art. 595 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso”. È dunque necessario che l’offensore abbia subito un fatto illecito (dal punto di vista penale o anche soltanto civile) o comunque contrario alle regole morali, sociali e di civile convivenza e che la sua reazione sia seguita alla scoperta di tale fatto (i giudici hanno ritenuto, ad esempio, che integra un fatto ingiusto, quale presupposto per la configurabilità dell’esimente, la condotta di chi instauri una relazione sentimentale con il coniuge dell’offensore, contrastante con l’obbligo di fedeltà reciproca dei coniugi stabilito dal codice civile).
Bene avvocato, sin qui tutto chiaro e non è poco. Veniamo ora alla diffamazione online.
Come abbiamo visto, il reato di diffamazione può realizzarsi anche mediante la diffusione di contenuti offensivi su siti internet, blog o social networks. In questo caso, il reato risulta aggravato dall’utilizzo del mezzo della pubblicità, considerato che proprio la peculiarità della tecnologia utilizzata consente di dare una particolare diffusività al messaggio diffamatorio, che può pertanto potenzialmente raggiungere una platea molto ampia.
Avvocato Bruni, se succede come ci si tutela?
Dipende dallo scopo che ci si prefigge. Se la finalità è quella di eliminare nel più breve tempo possibile il contenuto offensivo, la strada più efficace è rappresentata dalla possibilità di contattare l’assistenza del social network o del provider per chiederne la rimozione.
Se, invece, lo scopo è quello di perseguire l’autore del reato e/o ottenere il risarcimento dei danni subiti, occorre agire in sede penale e/o civile. Con riferimento a queste ultime opzioni, la vittima di diffamazione può scegliere se sporgere denuncia-querela (entro tre mesi dalla conoscenza del fatto) e poi costituirsi parte civile per chiedere i danni nell’ambito del processo che verrà ad instaurarsi per effetto della proposizione della denuncia-querela, oppure se limitarsi ad agire soltanto civilmente.
Nel caso in cui decida di agire penalmente, contestualmente alla presentazione della denuncia-querela, la vittima potrà chiedere anche il sequestro preventivo del sito o della pagina del social network che contengono il contenuto diffamatorio.
Avvocato, spiegata così, sembra una strada efficace. Ci sono controindicazioni?
Nella realtà pratica, la presentazione di una denuncia-querela per una diffamazione online incontra alcune difficoltà.
La prima è legata alla concreta individuazione del responsabile della pubblicazione del contenuto diffamatorio. Se nel caso delle testate giornalistiche, ciò risulta molto semplice, diventa invece molto complicato, nel caso dei social network. I giudici hanno infatti ritenuto che – non potendosi escludere un utilizzo abusivo del nome o del nickname di un determinato soggetto – l’unico modo per arrivare alla corretta identificazione dell’autore del reato sia l’individuazione da parte degli inquirenti del c.d. indirizzo IP e cioè del codice numerico che ogni dispositivo elettronico assume nel momento in cui si collega al web.
Per rintracciare l’IP, però, occorrono serie indagini da parte della autorità inquirenti, che necessitano talvolta di diverse settimane e non sempre riescono a raggiungere l’obiettivo.
Anche qualora vi riuscissero, però, può esservi un’ulteriore controindicazione, rappresentata dal fatto che – in alcuni casi – la competenza a giudicare il reato di diffamazione commesso online è demandata al Giudice competente per territorio rispetto al luogo di domicilio dell’imputato. Ciò significa che, dopo avere sporto la denuncia, la vittima potrebbe trovarsi costretta a dover fronteggiare un processo anche a diversi chilometri da casa, con tutte le difficoltà e i costi che tale circostanza comporta.
Da ultimo, bisogna considerare che la tendenza attuale delle Procure è quella di dare ampio spazio alla configurabilità del diritto di cronaca e di critica, sicché – in molti casi – la diffamazione finisce per essere ritenuta non punibile.
Avvocato, alla luce di questi problemi, cosa suggerisce di fare, allora, per evitare di lasciare impunita una diffamazione online?
Di tutelarsi con l’ausilio di un avvocato, che possa aiutare nel redigere un atto di denuncia-querela ben argomentato, possa sollecitare gli organi inquirenti allo svolgimento di indagini serie e, nel caso in cui il Pubblico Ministero si determinasse a richiedere l’archiviazione, possa assistere nella presentazione di un’opposizione avverso tale richiesta.
Ottimo come sempre Giulio!!!