Da trent’anni ci ha lasciato Frank Zappa, l’anticonformismo fatto persona. È strano, in pochi sarebbero in grado di citare i titoli di due sue canzoni, eppure c’è la certezza marmorea in ogni amante di musica rock (e non) che sia stato un genio.
Ci sono sempre, difatti, quelle voci di corridoio particolarmente insidiose che in un modo o nell’altro divengono coscienza comune e consapevolezza in molti; certo rimane che un’eco lontana riecheggia sempre (o necessariamente) fatti rumorosi.
Vogliamo parlare della copertina di We’re Only in It for the Money? chi si azzarderebbe a parodiare i Beatles al loro apice ritardando di tredici mesi l’uscita dell’album e rischiano denunzie e pesanti multe se non Frank Zappa, colui che ingaggerà proprio un membro dei Fab Four (l’immortale Ringo) per interpretare la strampalata copia di sé stesso nel suo film-musical surrealistico 200 Motels.
Zappa, comunque, ci ha sempre cozzato con i potenti, con le etichette, le imposizioni coatte e le censure, arrivando a ridicolizzare dinnanzi al Congresso degli Stati Uniti d’America niente di meno che Tipper Gore, fondatrice dell’associazione di controllo genitoriale e moglie dell’ex vicepresidente Al Gore. Che non gliene vogliano i Grateful Dead, ma è anche grazie a lui se oggi la libertà di espressione in campo musicale e discografico è smarcata dalla presunzione incasellata di qualche “annoiata casalinga di Washington”.
Da eroe in Cecoslovacchia a talent scout di Steve Vai con i Mothers of Invention, la duttilità di Frank Zappa si riverbera nelle sue opere, nelle sue canzoni. Tra queste alcune farebbero storcere il naso anche ai perbenisti odierni, ai paladini del “politicamente corretto”, “He’s So Gay” e “Jewish Princess” in primis. “Muffin Man” del 1975, pubblicata con l’amico Captain Beefheart, è invece una elevazione gourmet del concetto di dolciume, forse stramba critica alla borghesia irradiata di assoli e coinvolgenti strilli di chitarra. “Uncle Remus” dell’anno prima, inserita all’interno dell’album Apostrophe (‘), si concentra sulla questione dell’equità razziale nei termini che contraddistinguono lo stile dissacrante dell’autore.
Zappa come chitarrista è stato un mostro, un autore fenomenale ed estremamente prolifero. Tra gli altri ha collaborato con artisti del calibro di Eric Clapton e Keith Moon, suonando addirittura con John Lennon e i Pink Floyd. Infinite sarebbero le considerazioni da farsi su un personaggio del genere, tiene “’Na Minchia Tanta” andatevelo ad ascoltare.