“È bravo, non lo è, però nel suo stile non è male, forse…forse piace a più giovani, però la lingua non si capisce, anche molti napoletani ne prendono le distanze…sta vincendo solo perché i napoletani lo votano…”
I commenti
Questi sono solo alcuni dei commenti apparsi sui social hanno fatto da cornice all’esibizione canora di Geolier al festival di Sanremo, una contrapposizione tra chi lo ha votato poiché napoletano ed il polemico accanimento dovuto alla matrice linguistica, come se tutti conoscessero il testo delle canzoni straniere, talvolta amate.
Secondigliano
Tra le opposizioni più ringalluzzite al rapper di Secondigliano vi sono i negazionisti “casalinghi”, quelli del “premetto di essere napoletano, ma a me non piace…ne prendo le distanze”, come se quella premessa servisse a fornire una patente di credibilità in termini di onestà intellettuale.
La fucina di talenti a Napoli
La verità è che questo ragazzo è seguito ben oltre i confini regionali, ed è la riprova che Napoli, da ben prima che nascesse il festival di Sanremo, continua ad essere una fucina di talenti che nel loro dinamismo restano ancorati ad un sentimento identitario che si riconosce nella lingua. A nulla serviranno alcune superficiali elucubrazioni sociologiche che vogliono interi quartieri attaccati al telefono per votare il loro idolo ai fini del “riscatto sociale”, perché questo claim è stata una trovata di una certa comunicazione volta a perimetrare i successi meridionali in un’orbita estemporanea del povero che vince sul ricco.
Geolier e Benigni
Geolier è seguito dal Veneto alla Sicilia; un po’ come il “Non si capisce, urlavano sicuri…e adesso lo capiscono anche i canguri…’’ nel commiato di Roberto Benigni dedicato a Massimo Troisi dopo la sua morte, ma a poco serviranno una vittoria a Sanremo o uno scudetto se non si comprenderà che Napoli ha bisogno dell’Italia e l’Italia di Napoli.