In questo vasto universo linguistico, si staglia un dato che getta ombra sulla nostra consapevolezza: ogni due settimane una lingua si spegne, svanisce nel silenzio dell’oblio.
Sì, avete letto bene. E mentre riflettete su questa sconcertante realtà, accogliete con me il 21 febbraio come un raro gioiello nel nostro calendario: la Giornata Internazionale della Lingua Madre, un’occasione per esaltare e difendere quel variegato patrimonio linguistico che popola la Terra.
La lingua, non è solo uno strumento di comunicazione. È il tessuto connettivo della nostra cultura, un frammento intimo del nostro modo di percepire il mondo. Talvolta siamo portati a credere che essa plasmi addirittura la nostra visione del reale. Furono i saggi del Bangladesh a suggerire l’istituzione di questa speciale giornata, il cui simbolico significato viene arricchito dal ricordo del 21 febbraio, giornata in cui il Bengalese fu ufficialmente riconosciuto come lingua nazionale. Una celebrazione carica di eventi culturali, concorsi letterari e canti, che risuonano attraverso i confini nazionali.
Ogni anno, l’UNESCO si fa portavoce di una causa differente, sfornando eventi e iniziative mirate, a Parigi, cuore pulsante della Francia. Dal Braille ai linguaggi dei segni, dall’educazione multilingue a un futuro migliore: temi che animano le discussioni e stimolano la riflessione. E non è solo il Bangladesh a tessere questa trama multiculturale. In India, nel 2014, il governo ha inaugurato un progetto educativo digitale, offrendo materiale didattico nelle 22 lingue più parlate del subcontinente. Ma l’India, con le sue 750 lingue o dialetti, piange anche il triste destino di circa 250 lingue scomparse negli ultimi cinquant’anni. Audrey Azouley, direttrice generale dell’UNESCO, nel suo recente discorso, ha sottolineato l’importanza cruciale delle lingue materne nel forgiare il pensiero dei giovani. E c’è verità in queste parole. Il 40% della popolazione mondiale non ha accesso a un’istruzione nella propria lingua madre, un handicap che può complicare o facilitare il cammino verso il successo. Nelson Mandela, con la sua eloquente semplicità, ci ha ricordato che “parlare con un uomo nella sua lingua significa raggiungere il suo cuore”. Eppure, il destino di molte di queste lingue è incerto: il 43% è a rischio di estinzione, meno di 100 lingue popolano il mondo digitale.
Internet, il grande artefice della globalizzazione, tende a imporre le sue lingue dominanti: l’inglese, il mandarino, lo spagnolo, l’arabo… Ma ciascuno ha il diritto inalienabile di usare la propria lingua madre, custode dei ricordi, delle tradizioni e del pensiero di un popolo.
Nel vasto mosaico linguistico d’Italia, vi sono regioni che si ergono come vere e proprie oasi di plurilinguismo, abbracciando con eleganza più di una lingua come fosse una danza armoniosa. Pensate, ad esempio, alla pittoresca Valle d’Aosta, avvolta dalle Alpi, dove l’italiano dialoga armoniosamente con il francese. Un’area che non solo si fa portavoce di due lingue, ma che vanta anche una tradizione scritta informale e letteraria nel pittoresco patoué franco-provenzale, a tessere storie e poesie tra le montagne.
E cosa dire di Alghero, con il suo fascino catalano risalente addirittura al Trecento? Un’ancora storica di radici linguistiche che affondano nel passato, creando un’ atmosfera unica. Mentre a Carloforte e Calasetta, in quel tratto di mare sardo, risuona il tabarchino, antica varietà ligure che culla le loro conversazioni, un ponte tra il presente e le tradizioni di un tempo lontano.
In Sardegna le varietà romanze si distinguono con un carattere proprio, lontano dal respiro dell’area romanza occidentale. Il logudorese, il nuorese e il campidanese danzano in armonia con le onde del Mediterraneo, una sinfonia di lingue che racconta la storia unica di questa terra.
Intrigante è la discussione sulla creazione di una Limba Sarda Unificada, un tentativo di unificare le varietà linguistiche. Tuttavia, la saggezza prevalente tra la popolazione sembra abbracciare la promozione delle varietà linguistiche in sinergia con l’italiano. Una scelta che riflette l’amore per la diversità e la volontà di mantenere vive le sfumature linguistiche che dipingono la cultura sarda. Nel nord della Sardegna poi, tra le colline e le città costiere, si fanno udire le varietà sardo-corse come il Gallurese e il Sassarese, una testimonianza di connessioni che attraversano le acque e le terre.
Non possiamo trascurare le comunità dialettali italiane, radicate in luoghi che sfidano la geografia. Pensate alle comunità venete che, con tenacia, mantengono viva la loro lingua nell’Italia centrale. Ma qui, la definizione di “dialetto” assume un significato particolare: varietà linguistiche non standardizzate, orali e scritte, che portano con sé un retaggio di storie e tradizioni.
Gli studiosi italiani, nel loro sguardo attento, tendono a etichettare le varietà romanze dell’Italia settentrionale come dialetti, più che lingue minoritarie. Una sottolineatura che trova eco nelle scelte legislative della Repubblica italiana, con ripercussioni significative sul riconoscimento delle lingue minoritarie.
In quest’epoca di standardizzazione linguistica, non dobbiamo dimenticare la ricchezza dei dialetti italiani, custodi di una tradizione millenaria. Sono parte integrante del nostro patrimonio culturale, una testimonianza della nostra diversità e della nostra resilienza.
La Giornata Internazionale della Lingua Madre è quindi molto più di una semplice celebrazione. È un monito a proteggere e valorizzare la diversità linguistica del nostro pianeta, una sfida a preservare le radici culturali che ci rendono unici.