Alla vigilia delle elezioni presidenziali del 1952, il 57% degli elettori americani si dichiarava democratico, il che lasciava presagire, dopo vent’anni ininterrotti di governo, iniziati con Roosevelt nel 1933 e proseguiti con Truman per tutta la seconda metà degli anni ’40, un altro quinquennio “blu”.
Sappiamo, però, che a vincere fu, invece, un altro Presidente la cui politica condizionò, nel bene e nel male, i rapporti di forza USA-URSS per tutti gli anni ’50 e plasmò, di fatto, la forma dell’Europa fino alla fine del secolo.
Dwight “Ike” Eisenhower è stato un punto fondante della politica estera degli Stati Uniti, uno di quei rari casi in cui il canto corale che è la storia viene interpretato da un singolo attore.
Una voce forte, perentoria, abituata a farsi ascoltare lungo quei campi di battaglia che gli spianarono la strada verso la Casa Bianca.
Primo su tutti, di cui proprio oggi ricorre l’anniversario, è l’Operazione “Overlord” il cui atto fondante è proprio l’impresa dello Sbarco in Normandia.
L’obiettivo, gettare una testa di ponte (termine che, in strategia militare, designa un punto di approdo sicuro per le truppe di invasione) rientrava nella più ampia strategia del “Secondo fronte”, concordata durante una conferenza tenutasi a Teheran l’anno prima su richiesta sovietica.
Ormai pressata da anni di resistenza in Europa, e dopo la vittoria in Nord Africa, Mosca chiedeva, infatti, che si aprisse un nuovo scenario di combattimento sul terreno del Vecchio Continente, così da distogliere le pressioni della Germania.
Farlo, però, significava superare il “Vallo atlantico”, un insieme di fortificazioni, artiglieria costiera, cavalli di frisia, ostacoli di ogni tipo atti a impedire agli Alleati di sbarcare.
A occuparsene fu proprio la nostra vecchia conoscenza, l’allora generale Dwight “Ike” Eisenhower coadiuvato dalle forze della Royal Navy, unità di fanteria canadese e forze della RAF.
Queste ultime in particolare ebbero il compito, fondamentale, dell’attività diversiva, atta a distogliere potenziale pressione dal fronte in previsione della battaglia tramite dispositivi atti alla distrazione.
Nello specifico, il luogo prescelto fu Le Havre a 80 km dalla costa inglese, che fu riempita di fantocci attaccati a dei paracadute per simulare il lancio di commando.
Il grosso dell’attacco ebbe, così, luogo in una zona più a ovest fortemente sguarnita ma ancora estremamente pericolosa dove le casematte (forti di artiglieria) e i cavalli di frisia rendevano di fatto impossibile sbarcare senza una disperata corsa alle mitragliatrici.
Fondamentale fu, pertanto, il ruolo delle forze aeree e navali angloamericane, il cui grande merito fu un bombardamento di copertura di importanti dimensioni, accompagnato da lanci di paracadutisti della VI brigata aviotrasportata britannica, il II battaglione Rangers dell’esercito degli Stati Uniti, la 82esima e 101esima brigata aviotrasportata sempre statunitense.
Grazie a quest’azione di schermaglia, che prevedeva un attacco dalle retrovie prendendo contatti con la resistenza francese, fu possibile alleggerire ulteriormente la pressione e permettere alle unità di fanteria statunitense, britanniche e canadesi di guadagnare terreno sulle spiagge francesi.
Espugnando le fortificazioni tedesche, raggiungendo una posizione salda sul territorio europeo, ebbe inizio la marcia occidentale verso Berlino.