Spesso abbiamo scolpita nella mente un’immagine, una visione d’insieme, e questo ci basta.
Ci accontentiamo mentre potremmo avvicinarci, osservare da vicino le cose che la realtà ci propone. Scopriremmo un altro mondo che ci racconta di cose fantastiche.
Il diavolo non è il principe della materia, il diavolo è l’arroganza dello spirito, la fede senza sorriso, la verità che non viene mai presa dal dubbio.
[Umberto Eco, Il nome della rosa, 1980]
Ci sono persone che non si accontentano
A differenza di moltissimi hanno in loro una curiosità scientifica che li spinge ad approfondire. Osservano con attenzione, non si limitano a guardare.
Cercano, continuano a cercare come se sapessero che troveranno. E infine a loro e solo a loro si svela un particolare, un dettaglio che cambia il modo di vedere il mondo.
Marco Bussagli e Michelangelo Buonarroti
Uno di loro si chiama Marco Bussagli. È uno storico dell’arte che già nelle sue iniziali porta inciso un destino. M e B, come Michelangelo Buonarroti. Marco è anche docente di anatomia artistica, fatto determinante nella nostra storia.
Marco ha esercitato la sua arte dell’osservare e lo ha fatto come nessun altro lo ha fatto per secoli. E Michelangelo, in premio, gli ha raccontato molte cose che ad altri non ha mai detto.
Dal 1498 e per molto molto tempo nessuno si è accorto di questo particolare. Eppure la Pietà di Michelangelo è una delle opere più famose al mondo, consumata dagli sguardi di milioni di persone che ne riconoscono l’immensa bellezza ma che non si sono accorti…
Non si sono accorti che in quel volto sublime del Cristo è stato inserito un dettaglio inquietante.
Il dente in più
Il Cristo ha nella sua bocca scolpita perfettamente un dente in più, un dente soprannumerario.
Un incisivo centrale dell’arcata superiore, che è chiamato mesiodens o quinto incisivo.
Non è un errore, lo scalpello non è scivolato maldestramente provocando un danno irreparabile, anzi. Michelangelo ha prima pensato e poi realizzato consapevolmente quel particolare. Per dirci che cosa?
Michelangelo, ci dicono gli studiosi, concepisce il volto umano come un veicolo dell’armonia divina. In un suo sonetto infatti scrive: “Veggio nel tuo bel viso, signor mio, quel che narrar mal puossi in questa vita: l’anima della carne ancor vestita, con esso è già più volte ascesa a Dio”. E allora, perché, perché quel dente in più quasi a deturpare una bellezza assoluta, divina?
Il quinto dente
Scopriamo però con sorpresa che Michelangelo ha regalato il quinto dente, questa anomalia assai rara, anche ad altri personaggi.
Scopriamo la sua presenza in varie figure inserite nel Giudizio universale nella cappella Sistina; nei Diavoli del Giudizio come in Giona e nella splendida Sibilla Delfica. Ma non solo.
Se ci spostiamo nella Cappella Paolina in Vaticano lo troviamo anche nella bocca di uno degli aguzzini nella Crocefissione di San Pietro.
Il dilemma
Ma qui si apre il primo dilemma. Ben diverso è trovarlo in bocche maledette di diavoli e anime perse dove la mostruosità del dente potrebbe alludere al male, alla perversione e alla lussuria ma altra cosa è incastonarlo in bocche profetiche e pure e già prive di male come quelle di Sibilla e Giona.
Perché Michelangelo insiste con questo particolare? Perché poi scolpire il particolare nella bocca del commovente Cristo morto?
Le tre ipotesi
Se cerchiamo una risposta, troviamo tre ipotesi in Marco Bussagli…
La prima. Michelangelo ha compiuto un errore. Tesi impraticabile.
Michelangelo ha studiato anatomia ed è in amicizia anche con dei medici come Realdo Colombo che, da documenti dell’epoca, possiamo affermare conosca bene la malformazione del dente luciferino;
La seconda. Michelangelo identifica il Cristo con il male. Molto improbabile.
Non quadra con la vita artistica e umana di Michelangelo. In entrambe si rende evidente a tutti una incontrovertibile e incrollabile professione di fede;
La terza. La più probabile.
Per Michelangelo il Cristo si sacrifica e prende tutto il male del mondo su di sé e con lui Isaia ci dice: “… e Jahveh fece cadere su di lui l’iniquità di tutti noi” e ancora: “Ma egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, è stato fiaccato a causa delle nostre iniquità”. E San Paolo ci spiega ulteriormente quando scrive ai Corinzi: “Colui che non conobbe il peccato, Dio per noi lo fece peccato, affinché noi diventassimo in lui giustizia di Dio” (II Cor. 5,21).
Michelangelo teologo
Michelangelo dunque si scopre, si rivela al mondo come un artista teologo che con la sua arte aspira al divino e al tempo stesso vive nel tormento, nel senso del peccato che lo travaglia incessantemente e che solo l’arte è capace di placare con espressioni che non tutti possono comprendere.
Michelangelo, il tormento e l’estasi, la sua meraviglia.