Matteo Porru, è vincitore a diciotto anni, della sezione giovani del premio Campiello con il libro, Talismani. Scrittore raffinato e crudo Porru si caratterizza per la schiettezza con la quale racconta le sue storie e la proprietà di linguaggio che coglie le menti e il cuore di lettori di ogni generazione. È molto apprezzato, ovviamente, dai più giovani che vedono in lui un esempio da seguire per il coraggio e la determinazione di affrontare la vita. A febbraio 2023 è uscito, per Garzanti, il suo ultimo romanzo, Il dolore crea l’inverno. Nell’ambito degli incontri culturali dell’Ipsar “Vespucci” di Milano, lo abbiamo incontrato e gli abbiamo rivolto alcune domande.
Matteo Porru, vincitore giovanissimo del Campiello, raccontami un po’ di te.
Prima di dirti che sono uno scrittore, sono uno a cui piace stare per aria, in tutti i sensi, da pilota, (ha il brevetto di volo – ndr), come storie, il blu è il mio colore preferito e il cielo è un gran bel posto dove stare perché di ridimensiona ai valori con cui misuri il mondo. Cerco sempre di vivere e ascoltare le vite degli altri perché poi ti aiuta quando le devi scrivere o crearne una tu. E cerco anche di trovare un equilibrio tra le mille cose che faccio, mi piace questa vita, la adoro, ma ci sono due prezzi da pagare: un po’ di solitudine e leggermente anche un pochino di incomprensione. Però, è un’incomprensione viscerale verso te stesso, cioè sapere di essere comunque sfasato e di non avere una collocazione ben precisa per l’età che ho ma a me piace anche quello, mi piace io fatto di poter partire, viaggiare, tornare, anche da me stesso, ogni tanto. Ed è una delle cose che mi aiutano a disinnescarmi, ho una bellissima vita, faccio la vita che ho sempre voluto fare, e anche il prezzo riesco a pagarlo in modo dilazionato.
Ma nella vita che ti è sempre piaciuto fare, ti ci sei trovato o l’hai cercata?
L’ho cercata, sono andata a prendermela, ho fatto di tutto pur di ottenerla e ce l’ho fatta. Ed è stata una conquista, è stato come vincere una battaglia contro me stesso. Ero un ragazzino che lottava contro se stesso perché non capiva cosa fare della propria esperienza di vita, non capivo come incanalarla. E poi mi sono ritrovato all’interno di una dimensione che poteva permettermi di esprimere e di colorare un mondo esattamente con la tavolozza che preferivo io. E allora ho imparato a scegliere i pennelli, a dosare l’acqua e a tentare di dipingere e non so se sono venuti dei Pollock o dei quadri dell’Ottocento, ma qualcosa è venuto fuori.
Tu sei uno scrittore ma anche editorialista, commentatore, ecc… cosa ti piace di più?
Io insisto sempre che sui “sottopancia”, venga messo scrittore. Per che posso anche fare tante altre cose insieme e farle anche in maniera buona cercando di dare sempre il meglio di me in qualunque situazione, per cui puoi dosare, creare, inventare, giostrare, fare mille attività collaterali di qualunque tipo ma la prima deve essere sempre quella di raccontare storie che poi, alla fine, è quella che accomuna tutti. E dunque, se dovessi fare una sintesi estrema della mia vita direi, Matteo Porru che racconta storie.
Però, in tutta sincerità, tu hai incontrato in trasmissioni televisive, talk show, ecc… tanti politici della scena contemporanea, ecco, è stato divertente?
Molto divertente, spassosissimo, perché poi vedi tantissime prospettive sulla realtà. E le vedi tutte insieme, le vedi tutte ammassate, tutte mischiate magari, in una sede televisiva che in realtà è un piccolo mondo a se in cui fluttuano tante cose.
Ancora una domanda. Il tuo ultimo libro è un libro “duro”. Come viene fuori questa storia da te che sei giovanissimo.
Si, è un libro molto duro. È una durezza estrema. È la storia di un uomo anziano ma non troppo che spazza la neve in un mondo dove la neve è l’oblio, fa dimenticare le cose e i ricordi. E controlla il modo in cui ricorda gli eventi e i fatti che lo riguardano cercando di nasconderli anche a se stesso. Però deve scenderci a patti, deve riuscire a trovare una quadratura del cerchio davanti ai suoi incubi, davanti ai suoi mostri e, per dirla maniera ancora più edulcorata, deve lanciare un velo sui suoi fantasmi, dve dargli un volume perché è consapevole di no riuscire chiudere occhio. È una situazioni in cui mi sono ritrovato anche io, è un romanzo che ho iniziato a scrivere a quindici anni e che ho terminato a venti. C’è tutta la mi adolescenza, c’è tutto il mio dolore, la mia incomprensione di persona che conti fare con la storia che aveva. E che poi ha trovato una quadratura del cerchio. Non è una storia autobiografica, non c’è assolutamente nulla di autobiografico, però come in tutte le volte in cui si scrive, si rimanda sempre a esperienze o proprie o di altri e personalmente di Elia (il personaggio del romanzo – ndr) condivido molte cose e sono contento che, adesso, ci siamo allontanati perché è stato un personaggio particolarmente complicato, perché rivedevo costantemente, in cinque anni, il me insoddisfatto, incompreso e pensare che ora abbia una vita propria e, soprattutto, che si sia riappacificato con se stesso perché poi alla fine Elia rappacificandosi con se stesso mi fornisce la libertà di dire che forse ce l’ho fatta che io.
Matteo Porru, incontrerà nuovamente gli studenti dell’Ipsar “ Vespucci” di Milano il 23 marzo 2023 per la presentazione del suo ultimo romanzo: Il dolore crea l’Inverno.