La memoria non è un esercizio di rito, né un’ombra sbiadita nel passato. È una responsabilità collettiva, un dovere etico e civile che deve illuminare il presente e proteggere il futuro. Ricordare la Shoah non significa soltanto omaggiare le vittime, ma affermare con forza che l’orrore non può ripetersi, che il male assoluto non deve mai più trovare spazio nella storia dell’umanità. Perché il fanatismo, l’odio e la discriminazione non appartengono solo al passato: si insinuano nel nostro tempo sotto nuove forme, si travestono da paura, da indifferenza, da intolleranza.
Il monito del Presidente della Repubblica
“Il mondo non vuole dimenticare”, ha ribadito il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso per il Giorno della Memoria. Ed è proprio in questa volontà collettiva di non dimenticare che risiede il senso più profondo di questa giornata. Non basta condannare il male, bisogna riconoscerlo nei suoi segnali, nelle sue derive, nelle sue pericolose normalizzazioni.
Il punto più oscuro
La Shoah è stata il punto più oscuro della storia moderna, ma le sue radici affondano in un tessuto di pregiudizi, disuguaglianze e nazionalismi esasperati che, già prima delle leggi razziali e dei campi di sterminio, avevano disumanizzato milioni di persone. E se oggi, nel nostro presente, assistiamo a nuove ondate di intolleranza, se riemergono razzismo, antisemitismo e persecuzioni, allora significa che la memoria non è ancora abbastanza forte.
La deriva nazionalista
Ed è proprio osservando il panorama geopolitico attuale che il monito del passato diventa ancora più necessario. Il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti segna il rafforzarsi di una tecnodestra sempre più aggressiva, che fa del nazionalismo un vessillo da sventolare, ignorando le ombre della storia. A preoccupare non è solo la sua retorica, ma anche i simboli e i gesti che l’accompagnano. L’immagine di Elon Musk, tra i primi a sostenere Trump con un gesto dal significato preoccupante, ricorda come il potere, soprattutto quello economico e tecnologico, possa farsi complice della riscrittura della storia e della costruzione di nuovi muri, anziché di ponti. L’onda dell’egoismo nazionalista non si ferma ai confini americani. Dalla crescita delle destre estreme in Europa alle politiche sempre più divisive in diverse parti del mondo, il rischio di un nuovo isolamento globale si fa concreto.
La cultura del rispetto
La storia insegna, ma solo se siamo disposti ad ascoltarla. Ecco perché il Giorno della Memoria non può essere solo una commemorazione, ma un atto di impegno quotidiano. La cultura del rispetto deve prevalere sulla cultura dell’odio, la costruzione di una società più giusta deve sostituire la logica della divisione. Il compito delle istituzioni, delle scuole e delle famiglie è quello di trasmettere alle nuove generazioni il senso della responsabilità, il valore della diversità, la consapevolezza che i diritti e le libertà non sono concessioni, ma conquiste da difendere ogni giorno.
Il valore della memoria
Nel mondo di oggi, segnato da guerre, estremismi e nuove forme di discriminazione, il valore della memoria diventa ancora più cruciale. Ricordare Auschwitz, Dachau, Mauthausen non significa guardare solo al passato, ma ribadire con forza che nessun essere umano può essere privato della propria dignità, che nessuna differenza può mai giustificare la sopraffazione.
Mattarella ha parlato al mondo intero, ma il suo messaggio riguarda ciascuno di noi. Non dimenticare significa opporsi con fermezza a chiunque tenti di riscrivere la storia per servire i propri scopi, significa ricordare che dietro ogni numero tatuato nei lager c’era una vita, un destino, un futuro negato.
Perché non basta dire “mai più”, bisogna agire affinché il passato resti monito e non profezia.