Il parlamento del Ghana ha approvato l’abolizione della pena di morte per i reati comuni, sostituendola con il carcere a vita; il provvedimento aspetta ora la promulgazione da parte del Presidente Nana Akufo-Addo per entrare in vigore. Il Ghana diventa così il 29mo paese ad abolire la pena di morte in Africa e il 124mo nel mondo, seguendo le orme – tra gli altri – di Ciad, Sierra Leone, Burkina Faso, Guinea Equatoriale e Zambia. Nel Paese africano non ci sono state esecuzioni dal 1993, ma al momento ci sono 176 persone (tra cui sei donne) in attesa di esecuzione nel braccio della morte.
La condanna alla pena capitale (generalmente attuata con l’impiccagione o la fucilazione) era ancora prevista non solo per reati come l’omicidio, ma anche per contrabbando. Adesso la condanna a morte potrà essere ancora pronunciata solo per un ristretto gruppo di reati considerati atti “di alto tradimento”. Ma nel Paese affacciato sul Golfo di Guinea (30 milioni di abitanti in un territorio di 240 mila chilometri quadrati) gruppi di attivisti si stanno mobilitando affinché la Costituzione consenta di eliminare in modo totale la pena capitale. Si è espressa in questo senso anche Amnesty International, che ha celebrato “lo storico voto” nel Paese africano, ma ha avvertito che “la piena abolizione di questa punizione draconiana non sarà completa fino alla revisione della Costituzione che rende l’alto tradimento punibile con la morte”.
Oggi la pena di morte è prevista in 58 stati. Tra questi: Egitto, Libia, Nigeria, Somalia, Usa, Iran, Iraq, Giappone, Cina, Corea del Nord, Pakistan, Thailandia, Vietnam ed Emirati Arabi. Secondo numerosi studi, la pena di morte ha un impatto scarso o nullo sulla deterrenza o sulla riduzione del crimine. Sappiamo che i paesi che l’hanno abolita hanno visto i tassi di omicidi restare invariati o addirittura diminuire. Alcuni analisti sostengono che la pena capitale può contribuire alla discriminazione delle minoranze razziali, etniche, linguistiche e religiose e della comunità LGBTIQ+.