La Mongolia è un paese grande circa 5 volte l’Italia, con circa 3,3 milioni di abitanti, collocato in Asia orientale, senza accesso al mare e confina con Russia e Cina. Steppe, montagne e il Deserto del Gobi. Una posizione geopolitica strategica, soprattutto in un momento di guerre e crisi. È un Paese dai grandi contrasti climatici, con temperature che vanno dai -40° in inverno ai +40° in estate e con la densità di abitanti tra le più basse al mondo.
Il 30% della popolazione mongola è nomade, la religione predominante è il buddismo tibetano e il sistema politico è una Repubblica semi presidenziale con capitale a Ulan Bator (Eroe Rosso). È il Paese del leggendario eroe nazionale Gengis Khan (1162-1227), colui che creò uno dei più vasti imperi della storia.
In un periodo articolato come questo momento storico, esigente e di complicate interpretazioni, Papa Francesco ha programmato un viaggio in Mongolia dal 31 agosto al 4 settembre. Sarà il primo Pontefice a recarsi nel Paese asiatico dove la comunità cattolica conta circa 1.500 battezzati. Non è tanto il numero dei cattolici ad essere rilevante, ma è la scelta del Papa di visitare un Paese che deve gestire buone relazioni estere e militari con i suoi potenti “vicini giganti” Russia e Cina. Senza tralasciare le due Coree, il Giappone, gli Stati Uniti e l’Unione Europea.
La Mongolia in Italia è rappresentata a Roma, dalla propria Ambasciata e dalla Camera di Commercio italo-mongola. L’industria in Mongolia rappresenta circa il 20% del PIL, percentuale simile al contributo del settore agricolo. Il settore tecnologico dipende molto da investimenti stranieri, ma non mancano petrolio, carbone, rame e minerali ferrosi e non ferrosi di pregio per il mondo moderno. Il Governo incentiva poi gli investimenti esteri e il commercio interno.
Per Papa Francesco sarà il 43° viaggio apostolico dove probabilmente incontrerà il Cardinale Giorgio Marengo, il “piccolo gregge” di fedeli mongoli testimoni silenziosi della loro fede e gli oltre 70 missionari, tra sacerdoti e laici, presenti nel Paese. La Chiesa cattolica è nata in Mongolia nel 1992 dopo settant’anni di regime comunista e come disse il cardinale Marengo in una intervista, deve convivere con “due Mongolie”: quella “della capitale” – evoluta, tecnologica, dallo stile di vita urbano e le costruzioni moderne – e poi “tutto il resto”, cioè i grandi villaggi di periferia, con gli allevamenti, le distese, le tradizioni antiche, ma anche la povertà, l’isolamento, il vuoto.
La collocazione geopolitica della Mongolia è all’attenzione della Santa Sede perché l’Asia è la culla delle grandi religioni e la convivenza pacifica è necessità mondiale. “L’importanza è evidente, vuol dire che il Papa ha una attenzione particolare a quest’area del mondo e crede molto nella capacità dei popoli dell’Asia di convivere pacificamente, di trovare soluzioni non violente e sagge anche ai conflitti”, diceva il prefetto apostolico di Ulan Bator, Marengo a Vatican News in un incontro prima del Concistoro del 2020.
Il cardinale Giorgio Marengo tra la sua gente, in Mongolia (foto di archivio Vatican News)
Un viaggio di grande importanza, accolto dalla comunità cattolica mongola con grande gioia e che rafforzerà la convivenza interreligiosa, “Eredità che viene da lontano e affonda le radici nella politica tollerante”. Questo viaggio potrebbe segnare anche un passo rilevante nella costruzione dei rapporti di pace, fiducia e amicizia in questo mondo tribolato?
I dettagli del viaggio verranno comunicati nelle prossime settimane.
Foto in copertina: Papa Francesco incontra il cardinal Marengo in San Pietro. Si ringrazia: Vatican News, Salvatore Cernuzio, Deborah Castellano Lubov – Città del Vaticano -, Vatican Media, Wikipedia, la Camera di Commercio Italo-Mongola,