Intervista esclusiva
Luogo di nascita: Roma, 13 aprile 1971
Ruolo: Capo Allenatore Zebre RUGBY
Honours: giocatore di rugby a 15 nel ruolo di tre quarti a Roma, internazionale per l’Italia e, fra l’altro, vincitore della Coppa Italia nel 1997-98 e lo scudetto del campionato di serie A1 1999-2000.
Un’ala veloce e capace di marcare 110 mete in 220 incontri.
Nel 2003 inizia la carriera tecnica di allenatore a Roma. Nel 2007 entra nei ranghi federali iniziando con la nazionale a 7, fino ad entrare nello staff tecnico come allenatore dei trequarti della Nazionale Under-20. Dal 2015 approda nella franchigia delle Zebre di Parma come allenatore dei tre quarti. Poi, come capo allenatore della Nazionale italiana Under-20, è uno dei migliori scopritori di talenti, molti dei quali ancora oggi sono nel giro della Nazionale maggiore.
Il Capo Allenatore delle Zebre è un romano massiccio, esperto e poliedrico. Compassato, educato e coraggioso. In campo e fuori. Un uomo di Roma capitale, un erede dell’antica tradizione romana di quelle votate alla conquista, alla vittoria e sempre pronto a mostrare carattere e professionalità in giro per il mondo.
Si vede che è uno che fa gruppo. Uno che aggrega ed è contento quando i suoi ragazzi sono contenti
Dall’aprile 2022 nominato Capo Allenatore delle Zebre con possibilità di estendere il suo incarico dopo il 30 giugno 2023, dopo si vedrà …
Mister, cosa ne pensa del fatto che ogni giocatore debba avere le proprie forti motivazioni personali interne per giocare a rugby, per andare in campo al freddo, al caldo, al sacrificio degli allenamenti e a prendere botte?
Quali motivazioni aggiunge il capo allenatore?
Sì, in effetti per giocare al nostro sport ognuno innanzitutto deve avere le proprie motivazioni e deve scavare profondamente dentro di sé per cercare e trovare la propria. Io cerco di trasmettere un messaggio: questo non è solo un gioco, una partita, ma è una parte della vita. È una parte della vita dei ragazzi, della nostra vita, di chi sta intorno ad ogni singolo giocatore e del club delle Zebre. Certo, dentro ci sono valori, sfaccettature, caratteristiche e personalità diverse, ma ridurre tutto al solo gioco è la strada sbagliata.
Questo è un messaggio utile per i ragazzi e valido adesso e per il loro futuro…
Sì, e questo messaggio lo si può trasmette in molti modi. Queste sono proprio le nostre sfide, quelle di chi ha responsabilità di questo tipo
Cosa deve avere un ragazzo per iniziare a giocare a rugby?
Per giocare a rugby basta che si diverta e provi piacere…
A livello internazionale… servono caratteristiche innate?
Lo sport è piacere, passione, divertimento. È uno sport di squadra, bisogna essere un po’ portati per le relazioni, si gioca e si sta sempre in contatto con i compagni e gli avversari. Serve la condivisione, ma è uno sport che va bene anche per chi è timido. In sostanza il rugby deve affascinare, ci si deve appassionare. Devono piacere il movimento, l’odore dell’erba, la pioggia. Sono queste le cose che fanno parte del nostro sport.
E in una parola…
La condivisione, è un valore importante... E oggi non è così semplice condividere anche per via delle nuove tecnologie, o perlomeno, spesso oggi è una condivisione superficiale. Per fare questo sport è importante il contatto umano.
Come si gestisce il periodo delle vacanze?
Noi non abbiamo vacanze…
Sorride convinto, ma qui a Parma c’è poco da tirar le dita. Sono professionisti e non si scherza.
E i ragazzi quando fa caldo cosa devono fare?
Riposarsi. Mettere la crema. Stare al solo. Bere tanto…
Risata generale. Poi il coach ritorna serio.
Serve la programmazione, noi l’abbiamo già fatta. Proprio perché ci sarà il mondiale serve ottimizzare l’inizio della prossima stagione. Prepararsi bene.
Sì, certo, ma il periodo di riposo dei ragazzi nei territori… quelli che magari nei periodi di fermo di allenamenti e campionati tendono a mollare un poco…
Devono vivere i loro affetti, la loro famiglia, sono comunque momenti di vita importanti. Certo dove c’è vita ci sono affetti, litigi, ma ci sono valori.
Io ho scoperto nel 2016, quando mi sono trasferito qui, la festività di Santa Lucia…
I valori, proprio un bel tema
Sì, perché nel mondo di oggi non si parla più di valori in modo importante e consistente. Si parla di valori magari solo per metterli in prima pagina, oppure per farsi belli…
Vero, verissimo…
E poi i periodi di vacanza servono anche per riprendere energie, perché serve un contesto dove ricaricarsi. Non solo recuperare energia, ma anche darla agli altri, perché magari si è stati lontani da casa e serve restituire energia a chi ci sta vicino… e poi così, dopo, si ritorna più carichi di prima.
Un giovane giocatore di rugby per crescere sempre di più, cosa deve apprendere e imparare, tra difficoltà e gioie?
Il percorso di crescita è spinto da un unico motore: le ambizioni.
Certo quando si è giovani non è semplice guardarsi dentro e capire gli obiettivi futuri. È difficile individuare quali imprese si desiderino affrontare e quali risultati si vogliano ottenere. Rimane l’ambizione personale come elemento principale, senza di quella…
Quali sono le passioni e gli hobby di un capo allenatore, cosa fa nel tempo libero… che fra l’altro dovrebbe anche esser poco…
Le passioni sono la vita, la famiglia. Mi piace ricaricarmi con la famiglia, i figli, i lavori a casa, con l’arte in generale. Mi piace la storia.
L’emozione di un allenatore, anche scopritore di talenti, quando riconosce un bravo giocatore? Cosa pensa quando dentro di sé dice: “Questo potrebbe diventare un campione”? Cosa prova quando incontra un giovane con voglia e attitudine?
Si vede un qualcosa che piace, un qualcosa che soddisfa e che in futuro potrebbe fare la differenza, ma poi da lì al fatto che diventi un campione ci passa tanto. Perché se i talenti non lavorano e non prendono la strada adeguata, non si vedranno realizzati.
Io evidenzierei, però, anche le tante emozioni negative in termini di dispiaceri e di amarezza nel vedere ragazzi con talento, ma che non lavorando non ottengono quello che magari altri giocatori senza quel talento non potranno mai riuscire a fare.
Tutto è proiettato nel futuro. L’emozione è una visione rispetto al futuro e si vedrà con il tempo se si verifica oppure no.
Quali sono le qualità da allenare per un ragazzo che vuole crescere? Cosa può e deve fare da solo?
Parliamo di un percorso di crescita personale in cui ognuno, ogni giorno, si deve migliorare. Senza ambizione il motore non va molto avanti. E magari uno se si alza la mattina e dice: “Oggi no, non mi va, oggi esco…” …allora significa che …non ha la forza.
Se invece uno è determinato a diventare il migliore, allora sarà appagato dalla sua crescita. Magari non diventerà il numero uno perché le sue forze e le sue capacità sono inferiori, ma lui sarà soddisfatto perché arriverà ad esprimere se stesso.
E per giocare ad alti livelli?
Nel rugby, le nazioni più forti hanno una forte cultura sportiva e un’energica tradizione rugbistica.
Storicamente avevano un sistema che produce e sviluppa giocatori e ancora oggi è così.
La questione da porre riguarda la crescita di quei Paesi in cui non c’è una forte cultura sportiva. E se non c’è… è un problema. Tutto viene dopo, anche in termini di formazione dei ragazzi nelle scuole.
Dove non c’è cultura sportiva ci sono problemi enormi. Perché, ad esempio, se un ragazzo inizia a praticare sport a scuola tardi, a 12-13 anni, si crea una differenza con i suoi coetanei degli altri Paesi. Una difformità, per cui anche se il Paese cresce gli altri non si fermano. Anche gli altri Paesi crescono e la differenza rimane.
Una domanda d’obbligo riguarda i prossimi campionati del mondo in Francia. In generale cosa ne pensa?
Sarà un mondiale entusiasmante.
L’Irlanda è forte e poi attenzione all’Inghilterra, che ora ha problemi: esonero dell’allenatore, cambio dello staff e la gestione e l’identità della mediana, ma nella gestione dell’evento grande come il mondiale si è sempre dimostrata superiore. Sarà interessante… i mondiali non saranno così tanto scontati sia per la seniores e sia per l’under 20.
I ragazzi della nostra under 20 ai mondiali in Sudafrica ..
Sono forti, hanno un pacchetto di mischia che ha dominato il VI nazioni di categoria. Una mischia devastante…
Cosa ne pensa dell’Italia, con la Francia e la Nuova Zelanda?
Ecco appunto, i francesi giocheranno a casa loro e la pressione sarà tanta. Le aspettative molte. Certo hanno uno squadrone che può distruggere qualsiasi avversario.
Lei è uno studioso dei differenti modelli di gioco nel rugby. Ritiene che questi potrebbero essere anche trasferiti al di fuori del rugby? Possono essere trasferiti fuori dal mondo ovale e nel post rugby?
In ogni area c’è la possibilità di identificare un modello operativo e anche lì serve una visione ed una comprensione a 360° di quello che si vuol fare e dove si vuole arrivare. Ma non basta, ci vogliono i progettisti che concretizzano e mettono in pratica i modelli per completare il cerchio in modo esecutivo, pratico…
e ci vogliono quelli che lavorano per attuarli…
Ritiene quindi che i modelli del rugby si possono applicare alla vita quotidiana e alla vita professionale?
Per me sì. Chiaramente dipende sempre da cosa uno vuole fare nella vita e da come l’approccia.
Si volta e sorride
Anche il capitano Lucchin (seduto al suo fianco in conferenza stampa e laureato in matematica N.d.R.) nei suoi studi ha trovato modelli…
Il capitano annuisce e la battuta è d’obbligo: non i modelli delle sfilate!
La domanda segreta del capo allenatore, quella che nessuno le hai mai fatto e relativa risposta. Cosa avrebbe voluto che le si chiedesse?
Alla prima vittoria sarò molto felice di pagare da bere…
In diverse occasioni le Zebre ci sono andate molto vicino e quando arriverà il momento noi non mancheremo.
Grazie per i consigli, la professionalità e il tempo dedicato.
Foto by https://vitoravo.com/