Renato Caruso (chitarrista, compositore e divulgatore scientifico-musicale), suona dall’età di 5 anni, suo primo maestro è il padre, insegnante di filosofia e chitarrista “amatoriale” (gestisce una piccola scuola di musica in paese) mentre la madre lavora in ospedale come impiegata. Il nonno materno, Renato, nasce in Brasile per poi ritornare in Italia e suona il clarinetto nella banda del paese. Pianoforte e chitarra sono i suoi primi strumenti, a 10 anni intraprende lo studio della chitarra classica con il M. Pietro Aldieri che lo seguirà fino al settimo anno di conservatorio (successivamente si diplomerà da autodidatta). Negli anni si alterna con chitarra acustica ed elettrica e così tra Paganini e Bach fa spazio a Jimi Hendrix e Pino Daniele! Ama la musica classica e in particolare Chopin, Tchaikovsky, Puccini, Mozart e preferisce ascoltare pianisti e trombettisti piuttosto che chitarristi.
È compositore presso la Bollettino Edizioni Musicali SRL di Riccardo Vitanza, che è anche il suo manager. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo rivolto alcune domande.

Renato Caruso, quando nasce la tua passione per la musica?
Cronologicamente è nata prima “la mia passione per la musica” e poi “io”. Scherzi a parte, sono nato in una casa dove libri e strumenti erano ossigeno, mio padre oltre ad insegnare filosofia suonava la chitarra e aveva un gruppo musicale. Per lui la musica è un pilastro fondamentale della nostra società, la cultura musicale è importante, e in effetti tutti i grandi filosofi lo hanno dimostrato, Platone, Aristotele, ecc… Mio padre ci teneva a farci studiare perché diceva: voi non dovete suonare a orecchio come faccio io ma dovete imparare a leggere la musica, studiate altrimenti avrete sempre dei limiti. E quindi si ascoltavano sempre vinili, poi le musicassette e i cd; avevamo una tastiera, un basso, un mandolino, un violino che erano anche oggetti di ornamento ma c’erano! Mio fratello è anche chitarrista anche se poi ha scelto un’altra arte: la pittura.
E per la chitarra?
Come dicevo prima, mio padre è un chitarrista e di conseguenza era una sorta di fede strumentale, un po’ come succede nel calcio, anche se spesso nel calcio ci sono rivali in famiglia. Nella musica è un po’ diverso, anche se tuo padre è chitarrista e tu sei pianista la rivalità non esiste anzi, si ha un completamento, si possono fare molti duetti e musica da camera. Se invece hai un papà milanista e un figlio interista… non c’è proprio una bella armonia in casa. La chitarra mi ha preso fin da subito, sentire le prime canzoncine, le prime melodie, il giro di do, ricordo ancora la mia prima canzone: bang bang, degli equipe 84, era il gruppo preferito di mio padre…Maurizio Vandelli! 30 anni dopo venni a sapere che era una cover! E poi arrivano Pino Daniele, Eric Clapton, Hendrix, Paco De Lucia, Britti, ecc… ecc… e fu subito amore, per sempre. Quando suoni la chitarra è talmente vicina a te che sembra un altro organo, il prolungamento del tuo corpo.

Tu componi musiche raffinate ma che sono sicuramente “accessibili” a un pubblico ampio. Tra la musica classica degli inizi alla contemporanea, cosa hai sperimentato in mezzo? Se questo è accaduto ovviamente.
Sono nato ascoltando musica classica, Chopin, Mozart, Beethoven, Bach ma allo stesso tempo mi nutrivo dei dischi di mio padre con band e musicisti quali, Jetrho Tull, Hendrix, Pink Floyd, De Gregori, Guccini, Beatles, Rolling Stones. Spesso dico che mentre studiavo Paganini in conservatorio facevo delle pause con Dire Straits e Hendrix e poi si ritornava alla musica classica. A 12 anni mi piaceva comporre preludi, poi mi sono innamorato del tango, a 20 anni valzer, sonatine e poi mi sono spostato verso l’elettronica. Anche perché negli anni ’90/2000 le tastiere, i software musicali, tutto il mondo DAW diventava più accessibile, nel 2010 quasi tutti a casa potevano avere una strumentazione per far qualsiasi tipo di musica con pochi soldi. Certo si trattava di Home Studio ma il livello era già buono. Se pensiamo che alcuni album di grande successo sono stati incisi a casa con un computer e una tastiera MIDI e poi YouTube li ha fatti esplodere!! Beh… ci siamo capiti no? Di certo in questo viaggio ho fatto di tutto, musica per archi, tango, valzer, basi musicali, colonna sonore, bossa nova, di tutto… dove c’era una nota c’era un genere musicale e lì ero pronto per scrivere. Ovviamente con il mio stile.

Altre tue passioni sono la filosofia e soprattutto l’informatica. Queste “influenze” si ritrovano ampiamente nella tua musica, unitamente alla forte presenza del tuo vissuto personale legato in primo luogo alla tua terra d’origine, la Calabria, penso a “Pitagora pensaci tu” e all’altra tua professione che è l’informatica e qui penso a “Grazie Turing”. Ne parliamo un po’?
Mio padre, quando mi portava in campagna, in Sila, nei mesi estivi, e si andava nell’orto, mi raccontava storie di filosofi e mi piaceva tanto, divoravo libri di filosofia anche se non capivo granché, ma mi piaceva… Ero innamorato di alcuni termini, che non capivo ma mi piaceva il suono… 30 anni dopo forse ho iniziato a capirci qualcosa, di certo la filosofia della scienza è quella che mi appassiona di più, infatti nel mio ultimo disco c’è un brano dedicato a Karl Popper. Da queste passioni, filosofia, musica, scienza non potevo che dedicare la mia vita alla scienza del suono, ai teorici della musica, a coloro che hanno messo insieme numeri e musica, arte e scienza. Sembrano discipline lontane ma hanno tutta la stessa radice: il numero. E colui che per primo comprese tutto questo fu il filosofo matematico Pitagora, ecco perché gli ho dedicato un disco. Anche perché visse a Crotone, la mia città. E dopo essermi laureato in informatica, nel 2006 all’università di Bologna, talmente era forte la mia passione per la scienza che ho scoperto un altro corso di laurea, informatica musicale, che univa le mie due passioni, e subito iniziai di nuovo a studiare. Dopo Pitagora è arrivato il disco di Turing, Alan… Se possiamo parlare di mail o leggere questa intervista su un giornale online, è grazie a lui, se la seconda guerra mondiale ha risparmiato milioni di vittime è grazie a lui. Peccato che fu poi condannato per omosessualità, ma questa è un’altra storia. Inoltre, non tutti sanno che Turing fu il primo “informatico” che istruì una macchina a fare musica. La programmò in modo tale da suonare. Pensa che nelle chiacchierate con Shannon dicevano di avere un sogno, quello di far cantare i computer anzi, come leggevo in uno dei tanti libri di Turing: “Shannon non voleva solo dare dati al suo cervello, ma cultura, offrirgli della Musica”. Oggi, oltre a suonare, collaboro con una rivista musicale scrivendo articoli scientifico-musicali, più che altro come divulgazione, e inoltre lavoro nella ricerca con l’università degli studi di Milano-Bicocca. Mi occupo di una parte del progetto AMPEL (Artificial intelligence Facing Multidimensional Poverty in ELderly) grazie a una borsa di ricerca della fondazione Cariplo con la supervisione delle docenti, Stefania Bandini e Francesca Gasparini, che sono responsabili del progetto. Non so se si è capito, sono un curiosone, datemi libri e strumenti e solleverò il mondo.
Per approfondimenti e le musiche di Renato Caruso: www.renatocaruso.it
Per ascoltare la prima traccia di Turing: https://www.vice.com/it/article/xyajp7/prima-musica-generata-al-computer-di-alan-turing