È il 22 Novembre del 1902 e ci troviamo a Montemarano, in provincia di Avellino, 2.606 abitanti, cittadina che secondo alcuni fu fondata dal valoroso generale sannita Mario Egnazio.
A Montemarano viveva un ragazzino, Giuseppe Antonio Doto, che stante la contingenza economica dei primi del 900’, emigrò illegalmente a New York, negli Stati Uniti, a soli 13 anni.
Joe Adonis
Quel ragazzino fece strada, da borseggiatore divenne un gangster di spessore fino a gestire il racket della prostituzione e gioco d’azzardo a Broadway e Manhattan, per tutti era diventato Joe Adonis.
Il cambio del nome però non impedì, nel 1953 alla Commissione Kefauver di espellerlo dagli USA in quanto cittadino irregolare sul territorio.
L’esilio in Italia
Joe fu esiliato in Italia, prima a Napoli, poi nel febbraio del 1958 si trasferì a Milano, in un appartamento al settimo piano di via Albricci.
Vita di lusso e maniere raffinate, Joe non era capitato a Milano per caso, aveva scelto il capoluogo meneghino come base strategica per il traffico internazionale di diamanti e sostanze stupefacenti.
È probabilmente questo il momento in cui all’ombra della “madunina” ci fu il passo del Rubicone, quando le lancette del tempo segnarono il primo vero contatto stabile della criminalità organizzata mafiosa a Milano.
Soggiorni obbligati
Contatto non certo estemporaneo, perché la mafia, o meglio le mafie, con il tempo hanno messo radici, anche e soprattutto grazie ai soggiorni obbligati (misure restrittive che cercavano di eradicare i mafiosi dai propri territori obbligandoli a dimorare in altre realtà) imparando a combinare la ‘nduja con la polenta, la coppola con l’impermeabile e la pizza con il Negroni sbagliato.
Per intenderci, fra i primi ad essere destinati a Milano in soggiorno obbligato fu un certo Luciano Liggio, all’epoca capo di Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Dalla Mafia alla N’drangheta
Oggi le relazioni della DIA (Direzione investigativa Antimafia) ci raccontano di una mafia trainante che parla un dialetto utilizzato qualche chilometro più a Nord dello stretto di Messina.
Nel solo 2023 le operazioni “Barrios” “Money delivery” e “Crypto”, sviluppatesi in collaborazione con altre polizie europee ovvero con l’Interpol, hanno certificato il capoluogo lombardo come base operativa per il traffico transnazionale di stupefacenti oltre a cristallizzare l’elevato spessore tecnologico delle consorterie mafiose, che utilizzavano piattaforme di messaggistica criptata, poi decodificate dai collaterali organismi internazionali e dell’Unione Europea.
Ulteriormente eloquenti sono i dati dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata, aggiornati al 30 giugno 2023, che vedono la Lombardia in una posizione rilevante a livello nazionale in quanto, con 3.285 immobili confiscati, è al quinto posto dopo Sicilia (16.601), Campania (6.593), Calabria (5.056) e Lazio (3.594).
Giovanni Falcone
In questo articolo ho cercato di narrare la genesi della mafia nel territorio ambrosiano, (senza la presunzione di sostituirmi alle analisi effettuate sedes materiae) specificandone l’evoluzione nel tempo, con l’auspicio un giorno autorevoli penne possano vergare intere pagine che ne tratteggino il crepuscolo.
“La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà una fine”.
Giovanni Falcone