Inno al nazionalismo austriaco e il bel Danubio blu ringrazia
La musica ha veramente la capacità di superare confini di ogni genere, ignorare la storia e cancellare asti e rivalità?
Qualche giorno fa ero a Vienna. Assalito da una di quelle foghe tipiche dei turisti all’estero, ho acquistato i biglietti per assistere a un concerto serale presso l’Orangerie del castello (Schloss) di Schönbrunn. In programma musiche di Mozart e Straus. Al termine del concerto il direttore dell’orchestra si volge verso il pubblico e, con gesto inequivocabile, lo invita ad alzarsi e battere le mani a tempo. L’orchestra intona la “Marcia di Radetzky” con sempre maggior vigore. La musica trascina il pubblico, per lo più italiani, che si arrossa le mani a furia di batterle al ritmo imposto dalla bacchetta del direttore dell’orchestra. Addirittura, viene chiesto un bis tra i “bravo” urlati da numerose persone.
Tutto molto carino però…però un pensiero mi è venuto. Non lo tengo per me, ve lo propongo. La marcia di Radetzky, scritta dal celebre compositore austriaco Johann Strauss padre nel 1848, è diventata uno dei pezzi musicali più rappresentativi dell’intera tradizione musicale austriaca. La marcia è composta da tre parti, con un’intro e una coda che utilizzano una sezione di trombe per aggiungere enfasi e grandiosità all’opera. La parte centrale del brano è la più celebre, con un motivetto orecchiabile suonato dal violino e ripetuto in modo crescente fino a raggiungere il suo apice. Chi non l’ha mai sentita a Capodanno, magari distrattamente ascoltata dalla televisione mentre si prepara il pranzo…È sempre il pezzo forte, insieme a “Sul bel Danubio blu”, del concerto di Capodanno.
Il brano fu dedicato al maresciallo austriaco Joseph Radetzky von Radetz, che aveva guidato le truppe austriache alla vittoria nella battaglia di Custoza, in Italia, nel 1848 e soprattutto aveva riconquistato Milano dopo i noti moti rivoluzionari che avevano scosso gran parte della penisola e fatto sognare tutto il risorgimento italiano. La marcia di Radetzky è stata eseguita per la prima volta in pubblico nel gennaio 1848 e subito incontrò un grande successo. Il brano, con il suo caratteristico ritmo di marcia e il suo orecchiabile motivo principale, divenne presto un inno al nazionalismo austriaco e un simbolo della grandezza dell’impero austro-ungarico. Non solo, divenne così popolare tra le truppe austriache che presto fu adottata come inno non ufficiale dell’esercito austriaco e suonata in tutte le grandi cerimonie militari
La marcia ha resistito alla prova del tempo ed è ancora oggi eseguita in tutto il mondo, soprattutto durante le celebrazioni militari e le parate. In Austria, il brano è diventato un simbolo della tradizione e della cultura nazionale, ed è spesso eseguito in occasione di eventi ufficiali e di celebrazioni nazionali. Inoltre, è stata utilizzata in molte produzioni teatrali, cinematografiche e televisive. È stata presente in numerose colonne sonore di film e programmi televisivi, e anche in alcuni videogiochi.
In conclusione, la marcia di Radetzky di Strauss è un brano musicale iconico che rappresenta una parte importante della cultura e della tradizione austriaca. La sua popolarità e la sua influenza hanno attraversato i secoli e continua ad essere eseguita e apprezzata in tutto il mondo. Tutto giusto ma ci deve essere qualcosa in più, qualcosa di più profondo, di molto particolare se italiani come me si trovano in piedi ad applaudire fragorosamente una musica composta da uno straniero per celebrare un altro straniero che ha avuto il “merito” di riconquistare Milano, distruggere i sogni patriottici di libertà da un invasore che non disdegnava di fucilare i dissidenti, espropriare aziende, cannoneggiare i soldati sardi e piemontesi a Custoza
Sarà il trascorrere del tempo che molti invocano come medicina assoluta? La forza della musica capace di unire i cuori sempre e comunque? Una sintesi culturale fatta di queste e molte altre cose? O solo il banalissimo fatto di ignorare la storia? Non lo so, non l’ho ancora scoperto ma certo è che presto mi ritroverò a fischiettarla senza rendermene conto.
In copertina: Palazzo di Schönbrunn