Le origini
In Mesopotamia, un bronzetto e un bassorilievo documentano uomini in tipiche posture da combattimento risalenti a cinquemila anni fa.
Dal Medio Oriente le arti di combattimento con le prime codificazioni arrivarono in India, portate dall’esercito di Alessandro Magno, per poi diffondersi prima in Cina e poi in tutto lo scacchiere orientale, dove si svilupparono e si articolarono in centinaia di discipline.
Per tradizione, si racconta che 1500 anni fa, nel monastero di Shaolin-si, nella provincia dello Henan cinese, il monaco buddista indiano Bodhidharma avrebbe insegnato i princìpi di combattimento senza armi, per permettere ai religiosi di difendersi dalle aggressioni dei banditi.
Si narra infatti, che un solo bonzo sapesse tenere testa a una schiera di assalitori mentre gli altri bonzi concludevano la loro meditazione.
La storia
La tecnica di combattimento elaborata da Bodhidharma era il progenitore del kung-fu, da cui deriva il karate, l’arte marziale oggi più diffusa nel mondo.
Il Karate si sviluppò nel xv secolo a Okinawa, piccola isola a sud-est del Giappone, allora sotto la dominazione cinese e dove, per prevenire rivolte, vi furono vietate le armi.
Quindi Il Karate-Dō è un’arte marziale giapponese il cui significato etimologico del termine è: “La Via (Dō) della Mano (Te) Vuota (Kara)” dove per vuota si intende, appunto, senza armi.
Nel dopoguerra dopo l’inserimento del Karate nelle competizioni sportive, si sono sviluppate su scala internazionale due correnti di pensiero in pieno contrasto tra loro: una puramente sportiva che ha tolto eticità e spiritualità alla disciplina, l’altra legata alla via delle arti marziali: Il BU-DO che si può tradurre come “Via marziale”, “Via della guerra”, oppure “Via che conduce alla pace”, “Via che conduce alla cessazione della guerra attraverso il disarmo”.
Non karàte ma Karatè
La differenza tra questi due concetti di karate, se ne raccomanda la pronuncia, non karàte ma Karatè, risiede nel fatto che il karate sportivo ricerca nella competizione la vittoria, il raggiungimento della coppa o della medaglia che è per l’appunto il traguardo principale, mentre nel karate-do, la pratica costante e la competizione sono concepiti come momento di crescita e verifica personale: fondamentale per il karate-do, è il pensiero che la forza di una persona sia proporzionale alla lunghezza del cammino percorso nella Via(DO), difatti più lungo è il cammino percorso, maggiori sono le sue qualità.
“Rimanere umile quando vinco e perseverante quando perdo”: questa è la filosofia del Bu-do. L’obiettivo del karate non è pertanto nella vittoria del combattimento ma nel raggiungimento di una sintesi: perfezione tecnica ed equilibrio interiore.
Il Maestro Funakoshi e il Karate moderno
Il Maestro Gichin Funakoshi Sensei (1868 – 1957) è conosciuto in tutto il mondo come il padre del moderno Karate, nei suoi venti precetti traccia una linea di condotta esemplare sia nel DOJO che nella vita di tutti i giorni.
Il DOJO è il luogo dove si pratica il Karate, letteralmente significa “Luogo (JO) dove si segue la Via (DO)” in cui l’ideogramma “DO” assume il significato di “percorso, cammino” inteso come crescita personale.
La filosofia
In sintesi quindi, il Karate non è solo una tecnica di combattimento, ma anche una filosofia che si concentra sulla ricerca dell’armonia tra mente e corpo. Attraverso l’allenamento costante, l’importanza delle posture, della respirazione, della concentrazione, i praticanti sviluppano una forza mentale e fisica straordinaria, migliorando così la salute e diventando persone migliori.
Il Karate trae fondamento dall’unità di cuore e mente che si fonde allo “Seishin” che significa: “Spirito Nuovo”, inteso come spirito che cerca costantemente il rinnovamento e l’equilibrio attraverso il perfezionamento fisico e mentale, che in contrapposizione all’idea folle della guerra e del combattimento inteso nel senso più deleterio della sottomissione dell’altro, che con la violenza s’impone generando ancora violenza, ci porta inequivocabilmente verso orizzonti di pace, nella consapevolezza filosofica che trovare l’equilibrio interiore sia il percorso giusto per raggiungerla.