Alcuni giorni fa ha preso il via la quinta edizione della Scuola per politici e amministratori di enti locali e regione diretta da Massimo Cacciari e promossa dal Comune di Cesano Maderno, dall’Università Vita e Salute San Raffaele e da Politeia-Centro per la ricerca e la formazione in politica ed etica. Gli argomenti affrontati in questa edizione ruotano intorno alle possibili letture dei mutamenti in corso nelle democrazie europee, definendone i contorni e offrendo gli elementi utili a costruire adeguati strumenti di analisi. Il titolo scelto – Politica versus politiche? Lacerazioni, resistenze e mutamenti di un mondo a ritroso – ben restituisce la chiave interpretativa principale, che evidenzia la progressiva divaricazione tra l’azione degli attori del sistema politico e le politiche necessarie a mantenere la coesione sociale – il mantenimento dell’ordine resta la principale ragion d’essere di qualsiasi sistema politico – e a garantire uno sviluppo equilibrato delle nostre società.
Dopo l’illustrazione dei contenuti del corso tenuta da Nicola Pasini, docente di Scienza politica all’università degli Studi di Milano, ed Emilio D’Orazio, direttore del centro studi Politeia di Milano, la lezione inaugurale è stata affidata a un confronto tra Massimo Cacciari e Roberto Mazzotta, coordinato da Nicola Pasini, sulle trasformazioni nel processo della selezione del ceto politico. Pur essendo un problema comune a molte democrazie europee, è indubbio che l’oggettivo deterioramento della qualità del ceto politico – oggettivo perché catturato da molti indicatori non suscettibili di essere revocati in dubbio – è soprattutto un problema del nostro sistema politico, perché tra i principali sistemi politici europei soltanto il nostro ha visto l’azzeramento totale, e non la lenta trasformazione, dell’agenzia che svolge tale funzione nelle democrazie: i partiti politici. Come è emerso dalle riflessioni di entrambi gli autorevoli interlocutori, che si sono concentrati sul caso italiano, anche se molte delle argomentazioni presentate ben si adattano ai sistemi politici europei in generale, questa insostituibile funzione è stata storicamente svolta dai partiti di massa, i partiti “anfibi” magistralmente descritti da Maurice Duverger nel suo seminale Les partis politiques, pubblicato nel 1951, ben radicati nella società e monopolisti del sistema politico, in grado dunque, di assorbire le domande sociali e tradurle in politiche pubbliche, selezionando nel contempo un ceto politico professionale in sintonia con questi processi. Nel caso italiano, addirittura, l’attribuzione ai partiti di questa funzione è il presupposto implicito di tutta la seconda parte della Costituzione, circostanza che spiega abbondantemente perché, esauritasi la parabola dei partiti di massa, il nostro sistema istituzionale si è incartato in un vicolo cieco.
Naturalmente è assolutamente velleitario pensare di restaurare quel modello, perché sono inesorabilmente mutate le condizioni entro le quali ha preso forma. Ma il problema con cui dobbiamo misurarci è che nessuno dei modelli che via via si sono presentati in questi trent’anni è stato in grado di ereditare quella funzione, cruciale, anzi insostituibile, in qualsiasi sistema democratico. Il rendimento di una democrazia dipende essenzialmente dalla capacità di connettere domande sociali e risposte politiche e, dunque, la presenza di agenzie in grado di svolgere in modo efficiente questa funzione è essenziale. Molte sono le ipotesi che si fronteggiano per spiegare questa difficoltà, e di conseguenza per superarla, ma nessuna sembra in grado di leggere adeguatamente la realtà. Una delle questioni centrali è cercare di spiegare perché l’attenuazione della componente ideologica ha innescato una competizione centrifuga e non centripeta come prevede il modello di Anthony Downs. Anziché il cittadino valutante e ponderato, abbiamo visto apparire demagoghi e risentimento sociale. Ma se le ideologie sono inesorabilmente consegnate al passato, come sostituire la funzione disciplinante che svolgevano? A Pericle deve per forza succedere Alcibiade? Questi i dilemmi che abbiamo di fronte. Ma per affrontarli adeguatamente le scorciatoie sono illusorie. Bisogna studiare e approfondire, non abbiamo scelta.