Intervista esclusiva
Un eclettico imprenditore alla guida di un club internazionale di Rugby, non capita spesso. Un personaggio che da quanto ci risulta, seppure non abbia praticato lo sport della palla ovale ad alti livelli, gestisce con passione, competenza e autorevolezza una squadra internazionale italiana. Una positiva novità e uno stimolo per tutto il movimento italiano.
Michele Dalai è Presidente delle Zebre Rugby Parma, la franchigia nazionale che insieme a Treviso fornisce i migliori giocatori alla Nazionale Italiana. Gioca con le migliori squadre europee ed è un punto di riferimento nazionale.
Il Presidente Dalai è uno coraggioso, deciso e accetta l’intervista senza sapere prima le domande. Può essere additato ad esempio magari per altre professioni? Non lo sappiamo, noi lo abbiamo incontrato durante un affollato e frequentato Terzo Tempo in Club House a Parma.
Discorrendo di rugby e dintorni. Cosa significa gestire e dirigere un grande e importante club di rugby internazionale come le Zebre? La differenza con un club di pari livello del calcio italiano, è solo una questione di risorse finanziarie oppure c’è altro?
C’è molto altro. Io amo molto il calcio, ma qui significa lavorare in un ambiente completamente diverso. Qui c’è un ambiente integro con una qualità umana molto grande, con il profondo senso comune di lottare insieme. Vincendo o perdendo insieme. Perdendo come purtroppo capita spesso…
Ma la vittoria è qui, dietro l’angolo, arriverà…
Questo è un bellissimo mondo. Io lavoro nel rugby da un anno e mezzo e qui è stupendo, non me lo aspettavo, è un ambiente molto gratificante e dà un senso al lavoro, alla costruzione di un progetto, qui con questi ragazzi.
Dal punto di vista gestionale cosa serve per crescere ancora…
Serve vincere e, come in tutti gli sport, c’è una profezia auto avverante: vincere aiuta a vincere e oggi è stato un esempio molto chiaro di come questa nostra compagine sia una squadra forte, ma non sa ancora vincere.
Questo è uno sport pesante, di fatica, vincere aiuta a superarla.
Dal punto di vista gestionale invece servirebbe avvicinarsi alla metà dell’ipotetica classifica delle risorse disponibili delle squadre con cui giochiamo. I giocatori, nonostante il nostro budget sia ridotto, sono buoni giocatori. È un periodo sfortunato, ma sono convinto che nei prossimi anni tutto quanto seminato frutterà molto.
Lo dice convinto. Siamo convinti anche noi. È una squadra a cui serve un po’ di pazienza, ancora un po’ di tempo. E il tempo è galantuomo.
A Parma la società sta crescendo anche nei territori circostanti, quali progetti e quali prospettive di sviluppo?
Noi lavoriamo tantissimo con le squadre del territorio, per noi ma anche per loro, perché questo non è un movimento verticistico che sfrutta le risorse. Noi siamo una piccola nazionale del nord ovest del nostro Paese. Dovremo estendere, ampliare lo spiccato senso di collaborazione di alcune squadre. Per me un ragazzo che gioca a Genova, Milano, Torino, Firenze, Bologna dovrebbe pensare alle Zebre come ad uno sbocco naturale della sua ambizione. Ora è ancora un po’ lontano, ma ci stiamo arrivando. Ci stiamo lavorando.
Cosa ci dobbiamo aspettare prossimamente? Obiettivi.
In realtà l’obiettivo è vincere. Siamo arrivati per sette volte vicini a vincere contro delle portaerei. Sono squadre potenti che abbiamo quasi battuto. L’obiettivo è vincere qualche partita.
È una squadra molto giovane…
Sì, è la squadra nettamente più giovane del campionato. Noi dobbiamo impegnarci per vincere magari due o tre partite entro l’anno in corso, anche perché le sfumature della sconfitta le abbiamo sperimentate tutte e tutte diverse. Adesso la curva di apprendimento si sta avvicinando al suo picco. Ci arriveremo anche se sappiamo che è molto difficile.
È evidente, la squadra cresce ad ogni partita…
Eh sì, un po’ i progressi si vedono. E poi, dopo tutto, il nostro obiettivo è anche quello di produrre giocatori per la Nazionale…
Lei, oltre che dirigente sportivo è anche apprezzato personaggio versatile “multimediale” (cinema, Tv, radio, libri, editoria). Cosa c’è nel cassetto nel prossimo futuro extra rugby?
Niente. Mi sono innamorato di questo sport, del lavoro quotidiano dei ragazzi. Un’attitudine che difficilmente si trova nella vita, qui c’è una quantità di energie positive, buone. Un ambiente in cui tutti remano nella stessa direzione.
Poi confessa.
Io sono un sentimentale e innamorarsi di una squadra perdente è il danno peggiore che si possa fare a se stessi, perché da un lato la perdonerai sempre e dall’altro cercherai sempre di migliorarla. È quello che stiamo tentando di fare. Io credo che ce la si possa fare.
Ma tutte le altre attività…
Le ho abbandonate tutte. Solo il rugby. Questa è un’attività che consuma tempo e cuore.
Presidente. In conclusione. La domanda che nessuno le ha mai fatto? E che avrebbe voluto le facessero
Sei davvero sereno come sembri? La risposta è: a volte!
Presidente. Grazie per l’intervista. È stato un piacere. Alla prossima, con vittoria…
Sorride, stringe la mano con vigore. È lui che ringrazia.