I giovani liberiani oggi devono far fronte a un paese gravemente provato dalla guerra e preda della corruzione.
Tra bassi livelli di occupazione e lo sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo da parte di multinazionali ai giovani non rimangono che le briciole e alle varie promesse di cambiamento non hanno fatto seguito azioni concrete. La Liberia coi suoi giovani per ora langue agli ultimi posti nelle classifiche dell’indice di sviluppo umano.
Liberia
Essere giovani nello stato fondato dagli schiavi liberati
The love of liberty brought us here (L’amore della libertà ci ha portato qui) questo è il motto della Repubblica della Liberia.
La particolarità di questo stato sta proprio nella sua storia: fondato da schiavi liberati provenienti dagli Stati Uniti, fu per decenni uno delle zone più stabili e pacifiche del continente africano fino a che colpi di stato, guerre civili, carestie ed epidemie non l’hanno reso una delle zone più turbolente e depresse dell’Africa.
Oggi la maggioranza popolazione vive a ridosso (se non al di sotto) della soglia di povertà con i giovani impossibilitati a continuare i propri studi e costretti a cercare un lavoro per sostenere i propri familiari.
Una storia che sembra quasi un romanzo
La storia della Liberia ha dell’incredibile.
Sembra quasi la trama di un romanzo d’avventura che ben presto diventa un dramma; ma andiamo per gradi.
La storia di questo paese non inizia in Africa ma negli Stati Uniti d’America nel 1817. Qui infatti venne fondata la American Colonization Society (ACS)con lo scopo di aiutare gli ex-schiavi liberati (nati e cresciuti negli USA) a tornare nel loro continente d’origine.
L’idea alla base era che la schiavitù fosse una cosa terribile e sbagliata non tollerabile in una moderna società civilizzata ma d’altro canto non si poteva neanche pretendere di avere come vicini di casa degli ex-schiavi di colore (nati e cresciuti negli USA) pertanto era necessario aiutarli a ritornare al luogo a cui appartenevano veramente l’Africa.
A tal proposito la ACS acquistò tra il 1821 e il 1822 alcuni territori lungo le coste dell’Africa occidentale da destinare al reinsediamento di ex-schiavi che sarebbero diventati i nuovi abitanti della colonia provvisoriamente gestita dalla ACS. Nonostante alcune grosse difficoltà l’insediamento dei coloni riuscì con lo stabilimento e il progressivo ingrandimento delle comunità di schiavi liberati.
Il compimento di questo processo si ebbe nel 1847 quando la ACS, oramai in bancarotta, non fu più in grado di sostenere l’amministrazione della colonia che si vide costretta a dichiarare l’indipendenza col nome di Liberia.
Ma la situazione per la neo-repubblica non era delle più rosee.
Priva di aiuti economici e isolata diplomaticamente (gli USA non la riconosceranno fino al 1862 per via dell’opposizione degli stati del sud ad avere un ambasciatore di colore, ex schiavo, sul proprio territorio).
La sua economia basata sull’esportazione di zucchero, caffè e cacao non riusciva a reggere il confronto con i grandi esportatori del Sud America. Lo stato nel 1909 fu addirittura costretto a dichiarare bancarotta.
Per uscire dalla crisi il governo, dominato dagli americo-liberiani (la piccola minoranza composta dagli ex-schiavi e dai loro discendenti), decise di istituire un sistema di lavori forzati a cui vennero costrette le tribù locali che abitavano i territori della Liberia già molto prima dell’arrivo dei primi coloni. Ciò aveva il triplice vantaggio di: abbassare i costi, possedere manodopera a basso prezzo e ottenere un più efficace controllo dei nativi locali (che avevano cercato più volte di lottare contro il dominio dei colonizzatori).
I nativi furono costretti a trasferirsi nei latifondi degli americo-liberiani per lavorare nelle loro piantagioni. Il governo tentò di legittimare la mossa presentandola quasi come una “missione umanitaria” giustificandosi con la necessita di educare e civilizzare i nativi. In questo modo, degli ex schiavi, stabilirono un sistema che la stessa Società delle Nazioni definirà come “indistinguibile dalla schiavitù”.
Il dominio degli americo-liberiani durerà fino al 1980 con il suo apice raggiunto durante e subito dopo la Seconda Guerra Mondiale quando la Liberia divenne fondamentale per lo sforzo bellico alleato grazie alla posizione strategica dei suoi porti e per il suo ruolo di fornitore di materie prime (in particolare la gomma).
Tutto ciò rese la piccola élite al potere estremamente ricca.
Contemporaneamente il presidente Tubman cercò di utilizzare questa nuova ricchezza per cercare di modernizzare il paese avviando anche un tentativo di avvicinare gli americo-liberiani e i nativi concedendo a quest’ultimi i diritti politici ma conservando comunque il vero potere nelle mani dell’élite dominante.
Ma nulla dura in eterno e anche il dominio degli americo-liberiani terminò, infine, grazie a un colpo di stato.
Ad attuarlo fu un sergente dell’esercito, Samuel Doe, che con il supporto della CIA depose e uccise il presidente Tolbert, colpevole di aver instaurato relazioni commerciali coi paesi del blocco socialista.
Il governo del primo presidente non americo-liberiano della storia del paese transitò rapidamente in una dittatura, in cui il presidente assegno le principali carice istituzionali ai membri della propria etnia.
Ciò provocò l’esplodere delle violenze etniche che degenerarono ben presto in una guerra civile. La Prima guerra civile liberiana durerà dall’89 al ’96 e lascerà il paese in ginocchio. Doe sarà catturato da una delle fazioni ribelli e barbaramente ucciso con tanto di filmato diffuso sui media. Dal caos emergerà come vincitore Charles Taylor che assumerà la carica di presidente. Il neo-presidente instaurò subito un regime dittatoriale che esacerbò le tensioni etniche, rimaste latenti, nonostante la pace.
La inevitabile conseguenza fu lo scoppio, nel’99, di una Seconda guerra civile liberiana che aggiungerà ulteriori distruzioni trasformando la Liberia in un vero e proprio inferno. La guerra giunse al termine solo nel 2003 quando delle truppe di pace posero fine ai combattimenti mentre Taylor fuggiva dal paese.
La Liberia entrò quindi in una fase di transizione che coll’obbiettivo di pacificare il paese e preparare delle libere elezioni, tenutesi nel 2005. Come nuovo presidente fu eletta una donna Ellen Johnson Sirleaf (prima donna ad essere eletta come capo di stato di un paese africano).
I suoi due mandati consecutivi saranno volti a risollevare il paese dalle devastazioni delle guerre civili. Non ci riuscirà appieno e grosse problematiche permangono tuttora. Impossibilitata a ricandidarsi per le elezioni del 2017 la Sirleaf appoggerà il suo vice-presidente Joseph Boakai che però verrà sconfitto da George Weah, leggenda del Milan e, per ora, unico pallone d’oro africano.
La presidenza Weah, partita con grandi speranze di risollevare le disastrose condizioni economiche dei liberiani, finirà invece travolta da scandali di corruzione e dal fallimento delle riforme economiche.
Le conseguenti proteste saranno duramente represse dalla polizia. Il fallimento del suo governo costerà a Weah la rielezione nelle elezioni del 2023.
A sostituirlo sarà Boakai che dal gennaio 2024 è il nuovo presidente della Liberia.
Le condizioni dei giovani
Essere giovani in Liberia non è affatto semplice. Il sistema infrastrutturale, dopo due guerre civili, è distrutto e la sua ricostruzione lenta e farraginosa. La situazione non migliora se si guarda ai sistemi sanitario e scolastico.
Il 95% del sistema sanitario venne perso durante la guerra [1] e solo parzialmente ricostruito in seguito.
Il paese in questa situazione ha dovuto affrontare diverse epidemie, tra cui quella di Ebola nel 2014 e il COVID nel 2020. Anche quello scolastico è stato gravemente danneggiato dai conflitti.
L’istruzione, fino ai 16 anni, è obbligatoria e gratuita in alcune aree ma non in altre. Comunque sia il sistema deve far fronte a croniche carenze di strutture adeguate e di insegnanti qualificati. Molti giovani tuttavia rinunciano agli studi appena scaduta l’obbligatorietà (spesso anche prima) per contribuire al sostentamento delle proprie famiglie.
Un sottosuolo ricco e un popolo povero
Con un PIL di circa 4 miliardi di dollari [2] la Liberia è uno dei paesi più poveri al mondo con la maggior parte della forza lavoro impiegata nell’agricoltura di sussistenza o di prodotti per l’esportazione.
Nonostante ciò il suo sottosuolo è ricchissimo di minerali (tra cui oro, ferro, diamanti e bauxite).
Tuttavia l’intera industria estrattiva è in mano a multinazionali statunitensi e pertanto la popolazione gode solo marginalmente della ricchezza prodotta.
Il risultato è che la Liberia deve far fronte ad alti tassi di disoccupazione (in particolare quella giovanile) con parte della popolazione costretta a lavorare in nero privi di qualsivoglia tutela.
A questo si aggiunge un alto livello di corruzione oramai radicata a qualsiasi livello dell’amministrazione pubblica. Quest’ambiente, come è facile intuire, non favorisce la libera impresa o l’iniziativa privata pertanto per i giovani liberiani non ci sono grosse possibilità di portare avanti le proprie idee.
Le opzioni, nella maggior parte dei casi, alla fine si riducono alla scelta tra un lavoro sottopagato e una vita difficile o la ricerca maggior fortuna all’estero con tutti i rischi del caso.
Le prospettive per il futuro
I giovani in Liberia oggi vivono nello sconforto.
Essi avevano riposto molte speranze nella presidenza Weah che, nato in una baraccopoli di Monrovia, era riuscito, grazie al suo talento come calciatore, a uscire dalla miseria ed a elevarsi socialmente.
La sua elezione era stata accolta con grande entusiasmo e soprattutto i giovani avevano sostenuto la sua corsa presidenziale vedendolo come un’occasione di riscatto non solo personale ma di un paese intero.
La delusione è stata cocente tanto da preferirgli alla guida del paese un esponente del vecchio establishment come Boakai.
Il nuovo presidente dovrà affrontare le enormi sfide che il suo paese si trova di fronte e soltanto il tempo potrà dire se ci riuscirà. Nel mentre i giovani liberiani attendono ancora quella libertà su cui dovrebbero poggiare le fondamenta di questo sfortunato paese.
Sitografia e bibliografia
- [1] Reliefweb
- [2] Word Bank