Nel ventre del famigerato carcere britannico di Wakefield, a pochi chilometri da Leeds, si trova una cella unica nel suo genere: una gabbia di vetro antiproiettile costruita appositamente per un solo detenuto.
Robert Maudsley, noto come “Hannibal the Cannibal”, vive lì in isolamento da quarantun anni, condannato a trascorrere il resto della sua esistenza in quella prigione di vetro. La sua storia è tanto inquietante quanto complessa, una vicenda che intreccia un passato di abusi, una serie di omicidi cruenti e una condizione carceraria che ha sollevato interrogativi etici e legali.
Un’infanzia di terrore
Nato nel 1953 a Liverpool, Maudsley visse i suoi primi anni in un orfanotrofio, dove trovò un momentaneo rifugio dall’orrore che lo aspettava. A otto anni, i suoi genitori lo riportarono a casa, solo per sottoporlo a una serie di vessazioni e violenze fisiche. Gli abusi lasciarono segni indelebili nella sua psiche, portandolo a cercare rifugio nelle droghe e nella prostituzione già in adolescenza. Maudsley sviluppò un odio profondo verso i pedofili, un sentimento che avrebbe plasmato tragicamente il corso della sua vita.
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Il primo omicidio
Nel 1974, a 21 anni, Maudsley uccise John Farrell, un cliente che gli aveva mostrato le fotografie dei bambini che aveva violentato. L’omicidio fu brutale e segnò l’inizio del suo percorso criminale. Dopo essersi consegnato alla polizia, fu dichiarato incapace di intendere e di volere e mandato al Broadmoor Hospital, un manicomio criminale. Ma qui la sua sete di vendetta contro i molestatori di bambini trovò ulteriore sfogo.
Sangue e ancora sangue
Dopo tre anni, nel 1977, insieme a un altro detenuto, Maudsley prese in ostaggio e torturò per nove ore un molestatore di bambini, David Francis. Le guardie trovarono il corpo dell’uomo con il cranio spaccato e un cucchiaio infilato nel cervello. Si dice che Maudsley ne avesse mangiato una parte, dettaglio che gli valse il soprannome di “Hannibal the Cannibal”. Forse qualcuno di voi ricorda lo splendido film “Il silenzio degli innocenti” con Anthony Hopkins e Jodie Foster (1991) da cui prende le mosse anche il sequel Hannibal che si rifà a questa storia.
L’anno successivo, nel carcere di Wakefield, Maudsley uccise altri due detenuti: Salney Darwood, soffocato e accoltellato, e Bill Roberts, colpito con un’arma artigianale e finito contro un muro. Dopo questi omicidi, fu deciso che nessuna cella ordinaria poteva contenerlo.
La cella di vetro
Nel 1983, fu costruita per Maudsley una cella speciale: una struttura di plexiglas di 5,4 per 4,4 metri, arredata con una lastra di cemento come letto, servizi igienici imbullonati al pavimento e un tavolo con sedia in cartone pressato. Sorvegliato 24 ore al giorno, passa 23 ore al giorno in isolamento e un’ora all’aperto, sempre scortato da quattro guardie.
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La vita in una bolla
Nonostante le condizioni disumane, Maudsley ha cercato di mantenere un minimo di umanità. Appassionato di musica classica, poesia e arte, ha richiesto di partecipare a corsi universitari e ha trascorso il suo sessantaquattresimo compleanno giocando a Call of Duty su una Playstation 2. Tuttavia, le sue richieste per avere un animale da compagnia o un po’ di compagnia umana sono state sistematicamente rifiutate.
Le polemiche sul trattamento
Recentemente, Neil Samworth, una guardia carceraria in pensione, ha denunciato al Daily Mail le condizioni di isolamento di Maudsley, definendole “ingiuste”. “I suoi crimini fanno parte della storia, ma oggi non rappresenta un pericolo reale per gli altri,” ha dichiarato. Maudsley stesso ha scritto più volte alle autorità per implorare la fine dell’isolamento, affermando: “Mi hanno seppellito vivo in una bara di cemento. Non gli importa se sono pazzo o malvagio, vogliono solo che io sparisca dalla loro vista.”
Petizioni e ammiratori
Nel corso degli anni, la figura di Maudsley ha attirato un’inaspettata attenzione mediatica. Alcuni gruppi di attivisti per i diritti umani hanno lanciato petizioni per migliorare le sue condizioni di detenzione, sostenendo che l’isolamento prolungato costituisca una forma di tortura. Una petizione del 2023 ha raccolto oltre 50.000 firme, chiedendo alle autorità britanniche di riconsiderare il trattamento riservato a Maudsley. Parallelamente, però, altre campagne si oppongono fermamente, sottolineando la gravità dei suoi crimini e la necessità di proteggere la società.
Maudsley riceve regolarmente lettere da ammiratori e curiosi, alcuni dei quali vedono in lui un simbolo controverso di giustizia contro i pedofili. In una delle sue rare risposte, Maudsley ha scritto: “Non sono un eroe. Sono solo un uomo che ha commesso errori e che sta pagando per ciò che ha fatto. Ma l’isolamento non è vita.”
La polemica infinita
La sua storia, che mescola orrore, tragedia e interrogativi morali, continua a dividere l’opinione pubblica. Nel 2022, un documentario sulla sua vita ha riportato l’attenzione sul suo caso, con il nipote che ha dichiarato: “Mio zio non è più la persona che era. Ma non credo che il mondo sia pronto a scoprirlo.” Tuttavia, altre voci avvertono che Maudsley potrebbe essere ancora pericoloso: “Ha detto che ucciderebbe di nuovo. Non possiamo permettere che ci sia una nuova vittima.”
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Un mostro o una vittima. Una domanda per noi
Ma voi cosa ne pensate veramente, nel profondo della vostra anima? Sono certo che qualcuno di voi sta guardando il piccolo che gli gattona intorno, magari pensa alla nipotina che andrà a trovare presto e al piacere immenso che prova quando l’abbraccia. È un attimo, solo un attimo. Se immaginate che qualcuno possa far loro del male e un male orrendo come l’abuso sessuale vi sentite certo attraversati da una sensazione che vi scuote, vi pervade interamente, qualcosa di simile a una scossa elettrica che attraversa i vostri nervi e contrae i vostri muscoli. I pugni si serrano, la tensione fa addirittura male. Si chiama rabbia, sorda, profonda, sanguinaria, incontenibile e capace di esplodere e travolgere qualsiasi cosa. In un istante dimenticate i filosofi che avete studiato, i saggi colti che avete letto, magari il voto che avete depositato nell’urna sentendovi moralmente superiori alle debolezze umane degli altri…
Robert ha subito le perversioni di uomini adulti e poi ha ricercato una sua giustizia riparatrice. Non ha rubato, rapinato, frodato per beceri interessi personali. Ha giustiziato, condannato a morte violentatori di bambini che hanno subito come lui le perversioni di adulti consapevoli. Adulti che hanno deciso di seguire solo le loro pulsioni sessuali, indifferenti alla volontà labile delle loro vittime.
La storia di Robert Maudsley solleva quindi dilemmi etici profondi. È giusto mantenere un uomo in isolamento totale per decenni? Oppure questo trattamento è una forma di tortura? Nel suo isolamento, Maudsley rappresenta uno specchio oscuro della società, un prodotto di abusi e violenze che ha trovato nel crimine la sua macabra risposta. E mentre il “mostro nella gabbia” trascorre i suoi giorni nella solitudine, resta la domanda: è un pericolo da contenere o un uomo da redimere?
Pensateci, con onestà intellettuale. Non vi guarda nessuno…