La vera funzione tra le due entità è arrivata negli gli anni dei primi graffiti e delle crew di b-boying, che giocano proprio con la moda per differenziarsi l’una dall’altra e creare un impatto visivo forte e subito riconoscibile, con un anticonformismo di fondo, che cambiò le cose, le regole.
Se pensiamo alla differenza tra i quartieri e alle vite al margine di New York negli anni Settanta, alla ribalta di Pharrell Williams alla direzione creativa dell’uomo di Louis Vuitton, c’è un brulicare di volti, gesti, abitudini, slang diventati vulgata, difficili da racchiudere nel perimetro che concerne solo una disciplina come la moda.
L’hip hop è reale sociologia in divenire, che muove interessi economici colossali e passioni personali che, soprattutto nei Novanta, sono sfociate in faide da cronaca nera e pagine patinate di un nuovo bel mondo.
Quel Mondo che vede la moda che fa da dettaglio che rende credibile o meno un’artista.
Il dato importante è che adesso la moda è costretta a tener conto dello street style, che è quasi sempre luxury, o vicino allo sport, della novità dell’alt luxury e di tutte le categorie annesse. Ci sono diversi esempi che vorrei farvi, per sottolineare da quale momento non siamo più (per fortuna) tornati indietro:
Vi ricordate Missy Elliott nel 2006, in costume gonfiabile?
È tutt’ora un’icona intoccabile.
C’è stato proprio quel passaggio dalla street culture alla street-couture, oltre che l’ascesa discografica di Tupac Shakur e The Notorious B.I.G., di Dr Dre e Snoop Dogg, quelli del cartellino col prezzo in bella mostra.
Le controparti femminili sono curatissime, con make-up e hairstyle impeccabili, si muovono in modo seducente: dalla voce angelica e l’apparenza da diva irraggiungibile di Mariah Carey, al graffio di Eve e Gwen Stefani in jeans a vita bassa e top strappati un po’ glam e un po’ grunge, fino alle ricercatezze retrò, quasi mascoline, di Lauryn Hill.
In un look ideale ci sono cose immancabili: le Nike Air Jordan o le adidas Superstar, basta un’occhiata sui rivenditori come StockX per monitorare le oscillazioni di costo delle edizioni limitate, rivendute all’asta come fossero opere di Monet, e, altro accessorio è il cappello, per eccellenza il baseball cap della squadra preferita o personalizzato dal marchio di turno, alternato con le varianti di Kangol – Pharrell segnò un’epoca con il modello Mountain di Vivienne Westwood, non se ne separava mai.
Insomma, nel Mondo che sognavamo negli anni ’90 c’era questa forte contaminazione tra moda e hip Hop, l’abbiamo voluta anche nelle nostre vite, non solo nel Mondo dei V. I. P. prendete Adidas x Gucci o Balenciaga, Off-White x Nike, Dior x Jordan, per nominare alcune delle più recenti; in assoluto da dopo i primi dieci anni del nuovo millennio, è assodato che ci vestiamo, chi più chi meno consapevolmente, con molti dei pezzi del guardaroba di un b-boy o di una fly girl.