La domanda che ci ha posto Gheddafi è: dalle ceneri di una dittatura nasce sempre e comunque una democrazia?
Quanto è stato messo in luce dalla morte di Mu’ammar Al-Gheddafi (detto “Il Colonnello Gheddafi”) ha costituito un’importante lezione per il mondo occidentale.
Primavere arabe
Sull’onda dei movimenti di protesta delle Primavere Arabe, si è, infatti, rapidamente innescata una sempre maggiore spirale di tensione che ha dato vita a una rivolta che ha destabilizzato il regime libico.
In relativamente poco tempo, il dittatore autore del “Libretto verde”, ispiratore di una forma propor generis di socialismo arabo, si è ritrovato braccato.
Catturato, brutalmente ucciso da una folla inferocita che ne ha deposto il governo che durava sotto differenti spoglie sin dal 1969.
La deposizione
Questa brutale quanto rapida deposizione ha acceso le speranze dell’Occidente e non solo, destando l’attenzione di molti politologi e sociologi politici: la speranza comune era che, dopo anni di regime autoritario, la nazione nordafricana potesse avviarsi verso una stagione di crescita economica e politica. Certamente ciò avrebbe potuto portare alla nascita di un “polo di potere alternativo” sulla sponda meridionale del Mediterraneo ma, con le Primavere Arabe in pieno svolgimento, la notizia venne accolta con generale ottimismo.
La nascita di un nuovo “grande Mediterraneo” stabile, democratico, politicamente e tecnologicamente avanzato, in grado di conciliare europei mediterranei e stati arabi nordafricani era vista come una possibilità concreta.
Il naufragio della rivoluzione
Sfortunatamente, il naufragio delle rivoluzioni sociali e del progetto politico di rinnovamento dei sistemi locali si è rivelato fallimentare.
Ad oggi la Libia, tredici anni dopo, è e resta una “terra di nessuno” geopolitica, divisa tra il presidente Al-Serraj riconosciuto dall’ONU e il generale Haftar, che incarna il ritorno al potere di una casta militare. Naturalmente, disquisire le ragioni del fallimento esula da questa sede, ma resta il fatto che la presente condizione di Tripoli rimane un’interessante “monito”.
La gestione del potere
Laddove, infatti, sussistano regimi di tipo autoritario o con forme eccessivamente dirigiste del potere, una transizione a differenti forme di governo incontra ostacoli notevoli a processi di regime change, tanto più se esso è repentino.
Un potere saldo, autoritario, centralizzato, lascia inevitabilmente un vuoto istituzionale che, se non riempito, da il lasciapassare alla più totale e completa anarchia.
Questo è quello che, nel corso degli anni, è accaduto in Libia, dove mezzo secolo di autoritarismo ha reso estremamente difficile il percorso verso la “rinascita democratica”.
Questo ci da una lezione di politologia fondamentale per il futuro: deporre un dittatore, infatti, non basta ad affermare la nascita di una democrazia, che è l’esito di un processo di condivisione graduale del potere, più che di un singolo “colpo di mano” atto a “liberare” una popolazione.
L’epopea della caduta di Gheddafi e della Libia contemporanea si riassume in questa domanda: una volta che viene deposto un dittatore, come si fa a “preparare” il terreno per una democrazia?
Foto copertina Wikipedia Mùammar Gheddafi