Il 5 dicembre scorso, il Senato ha impresso un decisivo cambio di rotta verso la salvaguardia della privacy dei cittadini che hanno superato una patologia oncologica, ratificando all’unanimità la legge sull’”Oblio Oncologico”. Ma cosa implica concretamente questo atto legislativo?
L’avvocato Claudio Venghi ci spiega che l’oblio oncologico è il diritto delle persone guarite da una malattia oncologica di sottrarsi a domande e accertamenti relativi alla propria storia clinica, nel caso in cui queste informazioni potrebbero influenzare le condizioni e i termini di un contratto (es. contratto bancario, assicurativo, eccetera). L’obiettivo è quello di eliminare una discriminazione ingiusta che ha a lungo pesato sui malati oncologici o sugli ex malati, garantendo loro il pieno godimento dei propri diritti senza la necessità di rivelare dettagli clinici sensibili.
Per dare qualche informazione più dettagliata riguardo questo argomento, Il diritto all’oblio si estende per un periodo di 10 anni dalla guarigione, a condizione che non si verifichino episodi di recidiva durante tale arco temporale. Nel caso in cui la diagnosi oncologica sia stata posta prima dei 21 anni, il periodo si abbrevia a 5 anni. Ciò significa che, durante questo periodo, sono vietate visite mediche di controllo e accertamenti sanitari.
La portata di questa legge non si limita al solo ambito finanziario, ma si estende anche alla procedura di adozione e affidamento di un bambino. L’approvazione della legge sull’oblio oncologico, infatti, ha proibito le indagini sullo stato di salute della persona, garantendo così agli ex malati oncologici di crearsi una famiglia senza intrusioni indebite nella loro privacy.
L’articolo 4 di questa innovativa legge, inoltre, estende il divieto anche alle selezioni in concorsi. Questa disposizione mira a scongiurare potenziali discriminazioni anche in ambito lavorativo, assicurando che le competenze e le qualifiche siano l’unico criterio valutato in un processo di selezione.