Prossemica, l’esercizio di andare dentro una parola attraverso il suono che genera e il significato che nasconde.
A me capita spesso. Mi trovo a interessarmi a una parola indipendentemente dal suo significato. Mi piace il suono nel pronunciarla. Mi intriga la sequenza di consonanti e vocali che la compongono. Mi piace addirittura scriverla a mano su un pezzo di carta, magari ripetendo il gesto più e più volte sino a riempire tutto lo spazio a disposizione. Poi inevitabilmente viene il resto. La curiosità di scoprirne il significato, l’etimo e magari scoprire come la scrivono gli altri in altre lingue. E il tutto finisce con un senso di soddisfazione, di conquista. Ora questa parola è mia, farà parte di me per sempre.
L’altro giorno mi è successo con “prossemica”. Chissà, forse per la doppia esse che allunga dolcemente la parola. L’avevo già adocchiata ma sempre ho finto di ignorarla, non le volevo dare soddisfazione. Poi in un momento di distrazione ci sono caduto, l’ho letta, ripetuta mentalmente e poi pronunciata quasi balbettando per meglio assaporarla. Ora è mia.
Probabilmente la parola deriva dal termine latino prox(imitas), prossimità. Passa poi attraverso il francese proximitè e arriva all’inglese dove forse prende il suffisso -emics/ics che indica una disciplina di studio come phonemics «fonemica» e altre parole simili. È stata coniata dall’antropologo Edward T. Hall nel 1963. Tutto sommato è una parola ancora giovane.
È però una parola seria, tutta d’un pezzo. Porta con sé studi e teorie, una sicuramente più importante delle altre.
La prossemica fa parte della semiologia (altra parola intrigante) e studia il significato che assume la distanza che un individuo mette tra sé e gli altri e anche tra sé e gli oggetti. Questo spazio ha un valore e la sua misura varia da gruppo a gruppo, in funzione della cultura e della storia. Ogni gruppo sociale ha infatti un suo modo di gestire questo spazio e di organizzarlo.
Uno spazio può essere fisico o sociale e può essere gestito in modalità differenti. Pensate a uno spazio molto ristretto e viceversa a uno spazio ampio e facilmente occupabile. Non pensatelo solo in una dimensione fisica, materiale. Provate a immaginarlo anche in una prospettiva diversa quale un contesto di lavoro, sportivo, politico magari anche familiare. In quest’ultimo molteplici relazioni di tipo affettivo, sessuale, generazionale sono fortemente condizionate dall’organizzazione dello spazio sia fisico sia sociale.
Abbiamo detto che la prossemica è la disciplina creata dall’antropologo Edward Hall e da lui definita: “studio dell’uso che gli individui fanno dello spazio sociale e personale”.
Hall, mediante studi condotti negli U.S.A., ha rilevato che intorno alle persone è presente una sorta di “bolla” dove non tutti possono accedere liberamente. Inconsapevolmente si tengono gli altri a una distanza diversa in base al contesto e alla relazione sociale. Assai diversa la distanza che tengono due amanti rispetto a due persone che discutono di lavoro, quella tra due amici. Ancora diversa sarà la distanza tenuta tra due persone sconosciute che entrano in relazione per la prima volta.
Hall, in base alle ricerche effettuate negli U.S.A., ha suddiviso lo spazio in quattro distanze interpersonali. Esse sono funzione della distanza che ciascuno mette tra sé e gli altri; la formalità della relazione aumenta con l’aumentare della distanza. Ecco le 4 distanze della prossemica:
Intima (da 0 a 45 cm circa): vi accedono solo coloro con i quali esiste una relazione di grande fiducia, in assenza della quale chi entra è qualificato come un aggressore. La distanza intima è propria dei rapporti molto stretti, come tra partner, mamma e figlio piccolo, ecc. La distanza è così minima che le persone si sfiorano, si toccano, si odorano. Sensi sollecitati olfatto e tatto;
Personale (da 45 a 120 cm circa) In questo spazio accedono persone con le quali esiste una relazione sociale di familiarità. Qui accedono normalmente familiari, amici, colleghi, persone con le quali non c’è un rapporto intimo, ma con le quali ci si relaziona con piacere e affabilità. La vicinanza consente di toccarsi senza attivare appieno l’olfatto e il tatto. Sensi più sollecitati udito e la vista;
Sociale (da 120 a 360 cm circa) In questo spazio si collocano le relazioni formali e impersonali. Qui si affrontano ad esempio questioni di lavoro e si negozia ma non ci si confida. La distanza impedisce il contatto fisico e si usano quindi vista e udito;
Pubblica (da 360 cm circa in poi) Distanza adottata in situazioni pubbliche; il docente in un corso, l’oratore di turno ad un convegno, il politico a un comizio. Chi si pone in questo spazio non desidera stabilire un rapporto di coinvolgimento con ciascun presente. Tuttalpiù questa relazione si crea con l’insieme dei partecipanti. Qui si usa soprattutto la vista e in modo minore l’udito.
La prossemica è un linguaggio e come tale si modifica in relazione alla geografia. Nell’Europa e nell’America del nord si utilizzano distanze maggiori rispetto ai paesi mediterranei e mal si tollerano il contatto fisico fra conoscenti. L’Italia non fa difetto e tra nord e sud esistono differenze di distanza.
Notevole rilevanza ha acquistato anche la prossemica dell’ascensore. In Europa le persone si dispongono a cerchio con la schiena alle pareti; in U.S.A. in fila con il viso alla porta.
Ora la domanda che certo vi siete posti dopo aver speso alcuni minuti per leggere questo articolo. A cosa serve questa prossemica? Facile. Serve per comunicare efficacemente. Se volete veramente raggiungere questo obiettivo dovete fare molta attenzione ai segnali, allontanamento o avvicinamento, che il vostro interlocutore vi invia. Faciliterete così l’attivazione di una zona di confort e dunque una migliore ricezione.
In sintesi, dobbiamo tutti imparare a…restare al proprio posto!