Qual è l’efficacia dello smart working e quale tipo di regolamentazione è necessaria per gli influencer?”
Negli ultimi anni, il mondo del lavoro ha subito una trasformazione significativa, accelerata dalla pandemia, con l’adozione diffusa dello smart working. Ma come ha influenzato la produttività dei dipendenti? La risposta sembra essere molto positiva.
A tal proposito, l’Avvocato Venghi, in una puntata del Caffè di Radio 1, ha spiegato che con lo smart working, si è verificato un aumento della produttività sia da parte delle aziende che da parte dei lavoratori. Le aziende hanno registrato un risparmio economico di circa 500 euro all’anno per ogni postazione lavorativa, mentre i lavoratori hanno risparmiato circa 600 euro l’anno, ad esempio, in costi legati alla benzina. Ma il vantaggio va oltre il mero risparmio economico
Gli studi hanno dimostrato che le aziende hanno registrato un aumento della produttività che varia dal 10% al 20% con l’implementazione dello smart working. Questo approccio ha spostato l’attenzione dal controllo rigido degli orari dei dipendenti verso gli obiettivi e la produttività. Il risultato? Un impatto positivo sulle performance finali.
Un aspetto chiave è la fiducia reciproca tra azienda e lavoratore, che è stato rafforzato grazie allo smart working. Questo ambiente di fiducia stimola i lavoratori a raggiungere gli obiettivi aziendali in modo più efficiente. Quindi, la soluzione ottimale sembrerebbe essere un compromesso tra gli interessi di aziende e lavoratori, ad esempio, dedicando due giorni su cinque al lavoro in modalità smart.
Nel vasto mondo dei lavori che possono essere eseguiti in autonomia da casa, la figura dell’influencer spicca come una delle più riconoscibili. Tuttavia, un interrogativo che sorge spontaneo riguarda la questione fiscale: come gestiscono gli influencer le tasse, specialmente in un contesto in cui la loro professione non è regolamentata in Italia?
L’Avvocato Venghi, ci ha spiegato che gli influencer sono considerati lavoratori autonomi e devono seguire le regole fiscali previste per questa categoria. A meno che non siano coinvolti in prestazioni occasionali con ricavi inferiori a 5000 euro all’anno, devono aprire una partita IVA.
La scelta tra il regime forfettario (flat tax) o un regime semplificato con aliquote ordinarie dipende dalla situazione specifica. Tuttavia, l’ubicazione geografica del loro lavoro è cruciale. In base al principio del collegamento stabile con il territorio, gli influencer che operano dall’Italia sono tenuti a pagare le tasse al fisco italiano.
È importante sottolineare che la Guardia di Finanza ha intensificato i controlli sulle attività economiche professionali, compresi gli influencer, per combattere l’evasione fiscale. Recentemente, nel 2022, un caso eclatante in Emilia-Romagna ha portato alla scoperta di un’evasione fiscale di 400.000 euro da parte di tre influencer che non avevano dichiarato i loro redditi.
L’Europa sta prendendo in considerazione misure per far pagare più tasse alle grandi piattaforme online. Una nuova direttiva europea è in discussione, e se 27 paesi europei collaborano, questa normativa potrebbe avere un impatto significativo, contribuendo a raccogliere miliardi di euro nelle casse degli Stati membri.
In conclusione, lo smart working ha dimostrato di aumentare la produttività e il risparmio economico per le aziende e i lavoratori, mentre gli influencer sono chiamati a rispettare le leggi fiscali italiane. L’Europa sta anche lavorando per regolamentare le tasse sulle grandi piattaforme online, aprendo la strada a importanti cambiamenti nell’economia digitale.