Questo avvenne con il cosiddetto Accordo di Minsk in cui l’Unione Sovietica cessava di esistere come soggetto di diritto internazionale e nascevano nuovi soggetti con diritto proprio e indipendente.
Tra questi stati divenuti indipendenti vi erano la Bielorussia, il Kazakistan e l’Ucraina che possedevano armamenti e testate nucleari retaggio della vecchia appartenenza all’URSS e che collocava quindi questi stati tra le potenze nucleari nel mondo e forte era tra i dirigenti di queste nazioni la tentazione di mantenerlo, ma Stati Uniti e Russia di comune accordo si opposero in maniera ferma.
Questi paesi furono quindi invitati a sottoscrivere il primo Trattato Start sulla riduzione delle armi strategiche che a quell’epoca era sul punto di essere finalizzato e ciò avvenne nel maggio del 1992 mediante il Protocollo di Lisbona sottoscritto da Stati Uniti e Russia assieme a Bielorussia, Ucraina e Kazakistan.
In questo trattato furono aggiunte inoltre disposizioni speciali che prevedevano per questi paesi l’adesione al Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) e l’eliminazione entro sette anni delle armi nucleari strategiche dal proprio territorio. I più recalcitranti alla sottoscrizione di questi trattati e rinunciare quindi allo status di potenza nucleare erano i dirigenti ucraini. Aumentarono quindi le pressioni sui dirigenti ucraini al fine di smantellare il potenziale nucleare in questa nazione e si arrivò quindi al Memorandum di Budapest.
Questo trattato fu stabilito il 5 dicembre 1994 tra Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna e Ucraina con Francia e Cina con funzione di garanti per il rispetto dello stesso. Questo trattato prevedeva l’obbligo per l’Ucraina dello smantellamento nucleare in breve tempo in cambio di garanzie rispetto alla sovranità della stessa ed il rispetto dei confini, il non uso delle armi contro l’indipendenza politica e l’integrità territoriale della nazione e l’astensione dalla coercizione economica. Il tutto sotto tutela e con la garanzia di un intervento certo dell’ONU in favore dell’Ucraina in caso di non rispetto di queste clausole che comunque non erano niente altro che un ribadire i concetti stabiliti e formulati nell’ Atto finale di Helsinki del 1975.
Oltre a questi trattati la Russia manteneva una sostanziosa parte della sua flotta, al fine di difendere l’accesso al Mar Nero dall’entrata di portaerei nemiche, nel porto di Sebastopoli in Crimea e ciò era permesso per via di un Grande Accordo di amicizia, cooperazione e partenariato stipulato tra Mosca e Kiev nel Dicembre del 1997. Tale accordo comportava il pagamento da parte russa di 98 milioni di dollari ogni anno e lo sconto del 30% sulle forniture di gas russo per 20 anni. Nel 2010 tale accordo è stato prorogato per altri vent’anni a partire dal 2017. Nella clausola inoltre vi era il riconoscimento dell’appartenenza di Sebastopoli all’Ucraina e contemplava il rispetto dei confini ucraini da parte russa. Oltre a questo vi era contemplato l’affitto di un aeroporto e lo stanziamento di massimo 15.000 uomini.