In Svezia arriva ScoutPark, un’app che trasforma i cittadini in “vigili digitali” premiandoli per ogni infrazione al parcheggio segnalata. Basta registrarsi, fotografare l’auto in sosta irregolare con targa ben visibile e caricare l’immagine sull’app. Se la violazione viene confermata dalla polizia, si guadagnano circa 4 euro (50 corone svedesi).
L’iniziativa mira a contrastare il fenomeno del parcheggio selvaggio, molto diffuso anche in Italia, dove nel 2023 il 37,4% delle multe stradali riguardava infrazioni di sosta. A Milano, le sanzioni sono raddoppiate in un anno, portando milioni nelle casse del Comune.
Ma l’app ha sollevato anche dubbi etici: può davvero aiutare la collettività o rischia di trasformare i cittadini in “spie a pagamento”? C’è chi teme abusi, conflitti tra automobilisti e un clima sociale più teso.
ScoutPark è davvero un nuovo modello di civismo? O solo l’inizio di una società iper-controllata, dove tutti controllano tutti?
Perché è lapalissiana la virata verso una “società grande fratello” che l’ultimo decennio ci ha consegnato: ipercontrollo, plastificazione della morale e delega etica alle tecnologie. E allora, la vera domanda è: dove si trova il confine? Qual è il punto di equilibrio tra una società ipervigile e l’ennesima mazzata all’empatia, già fiaccata dagli strali della diffidenza in un mondo sempre più individualista?
Sarà fondamentale non sottovalutare alcun aspetto, perché dietro la copertina della “legalità partecipata” potrebbe celarsi la pagina sbiadita della fiducia reciproca, su cui si basa la nostra convivenza civile.