Ieri, a Roma, verso sera, i collettivi universitari degli studenti di Scienze politiche hanno deciso di occupare la loro facoltà, pacificamente. Dopo un sit in di risposta ai fatti di martedì scorso, quando una protesta è stata impedita con le manganellate dalle forze dell’ordine, entrate, dicono i ragazzi, impropriamente nello spazio universitario, per fermare con la violenza, la azione di alcuni, di manifestare il loro dissenso ideologico contro un convegno con dei relatori definiti “fascisti”. Quei fatti non sono ancora chiarissimi, anche se le immagini hanno fatto il giro dei media, alcuni hanno mistificato: “un Tg avrebbe annunciato il ferimento di sette uomini delle forze dell’ordine, ma non è andata affatto così, denunciano al megafono. “Solo mistificazioni”. Perché la Rettrice non ci ha difesi? Siamo stati noi quelli picchiati. Questo è il punto, da cui riparte la protesta. Dopo il sit in, ordinati, in fila, a centinaia e centinaia, sfilano nel corridoio principale interno alla facoltà , passano davanti alla corona che rende omaggio all’aula dedicata ad Aldo Moro, richiamato come un esempio, in uno degli interventi del sit-in, come l’ennesimo enigma italiano, ed entrano nell’aula più grande, quella storica, a teatro, con i gradoni. Con loro, in assemblea, anche alcuni professori ed il preside della facoltà, Tito Marci.
La rabbia è forte cantano in coro: “Non c’ è resa, non c’ è rassegnazione, ma solo tanta rabbia”. All’Università “le guardie” non devono entrare, perché la Rettrice non risponde alle nostre domande? Tutti si lavano le mani, questa non è legalità, né democrazia. Il Preside della facoltà, richiesto in assemblea di intervenire, replica: “Lo sapete, io non ho i poteri per intervenire su ciò che è accaduto”. Una ragazza si alza è chiede, ma lei non si è fatto una opinione, non ha una sua opinione su quello che ci hanno fatto? Non risponde, ma ripete “Manteniamo la calma ed andiamo avanti con animo pacificato. Io non posso non consentire a tutte le rappresentanze di esprimersi, occorre dissentire con rispetto.” L’assemblea continua con le raccomandazioni della responsabile della sicurezza interna della facoltà: “Ragazzi, quel poco che abbiamo, davvero è poco, ma non distruggetelo. Discutete e restate qui anche fino a domani mattina, questa aula è vostra.” I ragazzi salutano, ma ribadiscono: “L’aula non cì è stata concessa, ce la siamo presa”. Indignati dallo scaricabarile di tutti, da scuse inutili e generiche. “Ci sentiamo circondati da ipocrisia e violenza”, questo è il problema, ripetono due studentesse. La società è tutta così: ipocrita e violenta. Noi pretendiamo risposte e presa di responsabilità. I mass media mistificano qualunque cosa, non ci ascolta nessuno. Ma cosa volete? “Le scuse della Rettrice, oppure deve dimettersi. Organizzeremo un corteo nell’ateneo, perché lei non ci ha difesi e non ha detto nulla per proteggerci dagli sbirri, commenta Adele. Arrivano anche i collettivi studenteschi dei licei, partono i cori, all’unisono: vogliono essere ascoltati. Al primo posto il no dei liceali all’alternanza scuola lavoro, che piangono ancora i ragazzi morti, ma con rabbia. Vogliamo un modello basato sui diritti degli studenti: l’accesso alla scuola e all’Università per tutti. “Qui aumentano le tasse, molte famiglie non ce la fanno, ma non abbiamo neanche spazi per studiare, per vivere l’Università. Restiamo sempre fuori, tagliati fuori, nulla è inclusivo.

“Siamo tutte antifasciste”, ripetono in coro le giovani universitarie. Le violenza di martedì scorso sono le stesse che si abbattono sui nostri corpi, che ci stuprano ogni giorno. Il machismo qui deve sparire, urlano. Eppure avete la prima Presidente del Consiglio e la prima Rettrice donna, non sono state un bel segnale? No, loro sono “machiste”, non esprimono il femminile, mi ripete Giorgia ed ancora intonano: “Lo stupratore non è un malato, ma è il figlio sano del patriarcato”. Un liceale dei collettivi incita a riprendersi lo spazio scolastico: è nostro, occupiamo Roma! Rivolgendosi, poi, agli universitari dice: quello che è successo martedì non è una novità, noi al Pantheon, l’anno scorso, abbiamo conosciuto la repressione. Ripartono i cori: “Roma si barrica, noi rimaniamo qua”. Non avete fatto nulla per fermare la deriva del Green pass, dove eravate, quando ci impedivano di venire a studiare, non lo avevate capito che era lo stesso film? Uno studente dei No Green pass, li incita. “Roma si barrica, noi rimaniamo qua”, riprende il coro. All’uscita, chiedo l’impressione ad un uomo della sicurezza interna all’ateneo, mi risponde che non può rilasciare dichiarazioni, ma aggiunge: “Li guardi, questi sono i nostri ragazzi, sono tutte brave persone. Li abbiamo visti crescere, non sono dei violenti.” Domani è un altro giorno alla Università, un corteo chiederà alla Rettrice di prendere posizione, di chiedere scusa oppure di dimettersi.. Vado via con i cori in sottofondo: “Non c è resa, non c ‘ è rassegnazione, ma solo tanta rabbia. Noi restiamo qua”.