A poco più di una settimana dal voto del 25 settembre che eleggerà, per la prima volta nella storia repubblicana, un numero ridotto di parlamentari e dopo quindici giorni di una campagna elettorale sterile su molti fronti, ci si comincia a interrogare sulla qualità, in termini di capacità e competenza, di chi ci governerà per i prossimi cinque anni. Questo potrebbe risultare un serio problema alla luce della varietà di “argomenti” che riguardano, oggi, la vita pubblica e che dovranno essere affrontati attraverso la tessitura di relazioni e argomentazioni non soltanto interne alla dialettica tra gli schieramenti presenti nelle due camere del Parlamento ma anche e soprattuto in un ottica di rapporti prima di tutto con l’Unione europea e poi con gli altri alleati, cosiddetti atlantici, al netto di ciò che accade e che non vede una fine e cioè, una guerra all’interno del vecchio continente e il verificarsi consequenziale di una probabile e duratura crisi energetica ed economica europea. Abbiamo cercato di capirne qualcosa di più incontrando il professor Massimo Cacciari all’inaugurazione del quinto corso della scuola di formazione politica da lui diretta presso la splendida cornice di palazzo Borromeo a Cesano Maderno.
Professor Cacciari, oggi si apre la scuola di formazione politica da lei diretta, e il primo argomento che si tratterà riguarda il “concetto di ceto politico”, in particolare i processi di selezione di chi andrà a “gestire” la cosa pubblica. In tutta franchezza, Professore, qual è il suo pensiero?
La cosa è molto complessa perché da un lato la democrazia presuppone una certa qualità del ceto politico, presuppone dunque che attraverso il voto si possa selezionare, diciamo, i più adatti, i migliori a governare. Dall’altra parte questo è un presupposto pressoché inverificabile perché è molto difficile misurare la qualità di un ceto politico. E dunque dobbiamo affidarci a un sano buon senso, tutto sommato, capire che non basta che la parte che ha la maggioranza non è di per se la parte migliore, cha la parte che ha la maggioranza non deve dar vita a nessuna dittatura della maggioranza perché, appunto non è il migliore che ha la maggioranza e contemperare, appunto, l’esigenza di competenza del ceto politico che non può essere misurata sulla base del voto e che, d’altra parte però è richiesta; competenza del ceto politico con quelle che sono altre caratteristiche del politico tra cui, molto semplice, la volontà di potere.
Ritiene che all’interno delle organizzazioni partitiche sia necessaria una riorganizzazione delle scuole interne di formazione politica?
Si c’è la necessità perché è necessario ritornare a pensare il partito in quanto la selezione vera non avviene se non all’interno del partito. Selezione e democrazia non possono verificarsi, con tutti i limiti che abbiamo visto, i problemi e la complessità della questione, e non avvenire al di fuori di una vita di partito.
Una previsione per il 26 settembre prossimo?
Se non succedono miracoli o dossier, siamo nelle mani di potenze straniere, in tutti i sensi, se non succede nulla di clamoroso è chiaro che vincerà la destra, nettamente sul maggioritario e vi sarà una situazione di pareggio sul proporzionale. E con una vittoria della destra avremo una candidatura, al presidente Mattarella, per la formazione del nuovo governo che porterà il nome di sicuro, di Giorgia Meloni.