Elezioni Europee 2024. L’anno che si chiude nelle condizioni assai tragiche determinate dalle numerose guerre in corso e in particolare, almeno per noi europei e per il mondo occidentale in generale, quella ucraina – che si avvicina al secondo anno – e ora quella di Gaza, provocata dalla devastante azione terroristica ordita da Hamas contro Israele lo scorso 7 ottobre, precede un anno elettorale di grandissimo peso planetario. Si voterà in Russia, si voterà in Europa, si voterà negli Stati Uniti. Per dire dei principali luoghi di confronto elettorale. Il voto per il rinnovo del Parlamento Europeo, che è quello che ci interessa in questa rubrica, sarà un appuntamento democratico che testerà la (eventuale) rinnovata forza d’attrazione sui cittadini del Vecchio Continente delle esasperazioni nazionaliste, populiste e sostanzialmente antieuropeiste. Può allora essere opportuno, prima di immergersi in una dinamica pre-elettorale che inevitabilmente come al solito travolgerà ogni riflessione traguardata nel medio-lungo termine, alzare lo sguardo e ragionare sul futuro possibile, necessario, dell’Europa in un contesto internazionale tanto complesso e in palese sommovimento.
Lo facciamo qui con le parole di Mario Draghi, che qualche tempo fa in una conversazione con Martin Wolf del Financial Times ha raccontato una idea di Europa forte e al tempo stesso tradizionale, ovvero l’Europa per quello che dovrebbe essere, per quello che i suoi Padri fondatori avevano immaginato. L’ex Presidente della BCE ed ex Presidente del Consiglio italiano è ora consulente della Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, sul futuro della competitività europea: dunque il suo punto di vista è oltremodo interessante non solo per via della sua manifesta e manifestata attenzione alle ragioni dell’unità europea ma anche perché sta in queste settimane lavorando ad un dossier strategico per il futuro comunitario. Draghi ha toccato nel suo dibattere con la firma fra le più autorevoli del prestigioso quotidiano britannico alcuni punti cruciali, ovviamente partendo dalla perdita di competitività registrata dagli europei sul mercato globale: “Se c’è una cosa di cui dobbiamo preoccuparci, e molto, è della perdita di competitività dell’Europa avvenuta negli ultimi vent’anni e più nei confronti degli Usa, del Giappone, della Corea del Sud e naturalmente della Cina. Questo lo vediamo nei differenziali della produttività e in molti campi collegati alla tecnologia dove l’Europa ha perso terreno”. Ha poi associato questo problema a quello demografico: “Servirà in Europa un’economia capace di sostenere una società che invecchia, e quindi la produttività dovrà essere più alta e per questo dovremo investire di più in tecnologia, in capitale umano, in formazione, in istruzione”. Altro tema fondamentale è quello energetico, “perché la nostra energia non può costare come ora due, tre volte più di altri paesi, molto ma molto di più che in Usa e Cina. Ripensiamo in fretta le nostre infrastrutture energetiche, con politiche comuni di stoccaggio, di approvvigionamento. Facciamo funzionare la leva del nostro potere economico, muoviamoci più velocemente sulle rinnovabili e sulle altre forme di energia”.
Draghi ha poi posto le questioni di fondo che l’Unione non ha voluto sino ad ora affrontare ma che alla luce degli sviluppi geopolitici mondiali sono ora divenute improcrastinabili, ovvero quelle imperniate sulla difesa comune e sulla politica estera comune. Ha correttamente fatto presente che il modello di funzionamento operativo sul quale l’Europa si è poggiata nelle ultime decadi (“la difesa proveniente dagli Usa, il grosso delle esportazioni in Cina, l’energia a basso costo dalla Russia”) è terminato. Finito. Dunque occorre prenderne atto e cambiare atteggiamento e, appunto, operatività. Sulla difesa unica Draghi ha rilevato come l’Europa sia “il più grande investitore al mondo, dopo gli Usa” ma obiettivamente nessuno può immaginarlo, stante i risultati concreti. Da qui lo sprone: “Dobbiamo assolutamente razionalizzare la spesa militare, dobbiamo spendere di più, investire di più ma unirci in questo campo invece di avere tanti piccoli paesi europei che competono fra loro sulla difesa”. L’Europa, ha ammonito, non può rimanere immobile, bloccata a fronte di quanto accade nel mondo. Deve al contrario combattere, scendere in campo e difendere quei valori per i quali è nata come comunità: “pace, democrazia, libertà, sovranità: su questi valori non si può scendere mai e poi mai a compromessi”. Ecco, su questi valori non si può scendere a compromessi. Perché sono quelli sui quali in questi 70 anni si è costruita un’area territoriale libera, pacifica, ricca, avanzata sul piano dei diritti, tollerante. Con tanti problemi irrisolti, certo, ma senz’altro un luogo ove si vive meglio che in molti altri del globo. Cedere su quei valori, o anche solo sminuirli, potrebbe segnare l’inizio di una decadenza che in molti, altrove, ritengono inevitabile. Gli elettori ne saranno consapevoli? Ne parleremo per tutti i prossimi cinque mesi.
Il Foglio, Mario Ricciardi, 20 settembre 2019: https://www.ilfoglio.it/economia/2019/09/20/news/questo-capitalismo-e-truccato-e-tempo-di-una-riforma-radicale-275345/